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In Laos, tra i villaggi di case a palafitta degli Akha

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In Laos, tra i villaggi di case a palafitta degli Akha

di Francesca Spanò

Il fascino del Laos è innegabile e conquista da sempre i turisti, anche quelli che viaggiano perennemente in lungo e in largo per il mondo. Si tratta di un’esperienza particolare che diventa un bagaglio formativo notevole, in un abbraccio profondo di culture, lingue e tradizioni differenti. All’hotel di lusso, chi giunge da queste parti, di solito preferisce qualche villaggio sperduto, dove il minimalismo e le grandi emozioni la fanno da padrone. Questo senza dimenticare che molte delle  popolazioni locali vivono di turismo e, quindi, è molto importante contribuire al loro sostentamento e ai tanti progetti che li coinvolgono.

Nel Laos settentrionale, quello più selvaggio

Tra sentieri impervi e angoli sperduti, in tale tratto di Paese, a farla da padrone sono gli Akha, un popolo di ceppo mongolico e di lingua tibeto-birmana, che da secoli vive tra le montagne. Per scoprirne i segreti nei dettagli, è sempre meglio affidarsi alle agenzie locali, che propongono itinerari più completi e particolari. Quasi tutti i loro villaggi sorgono nelle province settentrionali di Udomxai, Luang Nam Tha e Phongsali. In ogni caso, il punto di partenza per i collegamenti è Luang Prabang, Patrimonio Unesco, con un paesaggio urbano che mostra l’alternanza delle dominazioni e degli eventi storici che l’hanno interessata. Ecco perché, accanto a edifici coloniali di stampo europeo, si possono scorgere 32 tra templi e pagode con i tetti spioventi. Ad aprile, si festeggia il Bum Pi Mai, il Capodanno laotiano, e si saluta il vecchio anno con sette giorni di musica, danze, processioni e abiti in abiti tradizionali.

Visitare Luang Prabang

Luang Prabang è anche considerata la “città dei templi” e per chi vuole muoversi alla sua scoperta, le suggestioni sono tante. In Th Sisavangvong, ad esempio, si trova il Museo del Palazzo Reale, l’antica residenza del re Sisavangvong, costruita a inizio Novecento, in uno stile che mischia i canoni laotiani con quelli delle Beaux Arts Francesi. All’interno c’è anche una statua del Buddha Pha Bang, tra i tesori più importanti del Paese a livello storico. Poco distante, ecco il Wat Mai, un tempio elegante con bassorilievi d’oro raffiguranti le ultime incarnazioni di Buddha ed è la sede del più importante monastero della città. Accanto al Palazzo Reale, parte una scalinata di 329 gradini che conduce su una collina dalla quale ammirare un incredibile panorama. Questa è una zona carica di suggestivi templi in rovina. Tra questi ci sono il Wat Phra Buddabhat, il Wat Sean e il Wat Visunalat, tra i più antichi in città. Quest’ultimo ospita una collezione di Buddha dorati che invocano la pioggia. Altra tappa fondamentale è il Taec – Traditional Arts & Ethnology Center, installazione permanente all’avanguardia che offre informazioni sui gruppi etnici del Laos. La zona più ricca di templi, invece, è la penisola settentrionale, formata dalla confluenza del Mekong con il Nam Khan, dove è facile assistere al tak bat, la processione dei monaci che richiedono tutti i giorni all’alba, l’elemosina. Scalzi e con la tunica arancione, ricevono dagli abitanti ciotole di riso, in una atmosfera di totale silenzio. Tra i bellissimi templi locali, vicino Xienghong Road, merita una visita il monastero di Wat Xieng Thong o Tempio della Città Dorata, costruito nel 1560. Suggestivi sono le decorazioni e la facciata di stucco dorato, ma anche il tetto spiovente, i mosaici e le decorazioni in oro sulle colonne e sui soffitti. All’interno si trova una statua del Buddha sdraiato. Chi cerca escursioni particolari, può visitare le cascate di Kwuang Sy con un salto di 200 metri e le grotte di Pak Ou che si raggiungono in barca da Luang Prabang con una mini crociera sul fiume di 20 minuti. Vi si accede in barca e si scorgono più di 4mila statue di Buddha e antiche pitture rupestri.

Il misterioso popolo degli Akha

Nella lingua locale vengono chiamati anche “lao delle montagne” e sono un popolo originario della Mongolia, con un passato di circa 1500 anni. La loro è una tradizione nomade e le continue migrazioni li hanno portati anche verso Thailandia, Vietnam e Myanmar. Oggi, solo nel Laos, se ne trovano 67 mila e le loro case sono state costruite sulle montagne, lontane dai centri abitati. Le antiche tradizioni, dunque, sono rimaste intatte, così come la  religione di tipo animista cioè basata sul culto degli spiriti. La società fa capo all’uomo e vi è un leader eletto ogni tre anni, che amministra ogni cosa. Lo stesso è affiancato da tre sciamani o indovini, che devono prevedere come andranno matrimoni, raccolti o segni della natura. Nei loro villaggi l’architettura delle abitazioni colpisce subito, con la presenza di una cinquantina di case. Gli stili sono di due tipi, da un lato ci sono palafitte poste a circa un metro da terra, su colonne di bambù. Il tetto è di paglia e fango e non ci sono finestre, per proteggere l’abitazione dal freddo. Un muro interno separa la zona dedicata agli uomini, da quella dedicata alle donne. Il secondo, invece, prevede la costruzione a terra. Molto raffinati sono anche i costumi, in particolare quelli femminili, mentre le acconciature sono piuttosto elaborate. Di solito sono composte da una serie di anelli di bambù sovrapposti e decorati con monete, palline d’argento e pendenti colorati. A volte una fascia sistemata sulla fronte, consente di sostenere grandi ceste per trasportare merci di vario tipo.

Un itinerario tra culture e tradizioni

Da Luang Prabang ci si sposta verso nord, addentrandosi nelle province di Udomxai e Luang Namtha, tra territori montuosi, paesaggi naturali, corsi d’acquea limpida e foreste incontaminate. Ed è proprio qui che, oltre agli Akha, vivono più di 40 minoranze etniche. Il territorio è occupato dall’Area Nazionale Protetta di Nam Ha, visitabile con trekking ed escursioni. Con circa 6 ore di strada si raggiunge la provincia di Udomxai, ma vi si può arrivare anche navigando sul Mekong. Pakbeng si trova alla confluenza tra il Mekong con il Nam Beng ed è sede di un mercato dove si incontrano diverse etnie per vendere. Non mancano i piccoli templi, come il Wat Khok Kho e il Wat Sit Jong Jaeng. Udomxai, invece, è una piccola metropoli e il punto di partenza per proseguire il viaggio. Da qui, ad esempio, si può raggiungere in giornata la cascata di Nam Kat o le grotte di Chom Ong, dove nel tempo le stalattiti illuminate artificialmente, si sono ricoperte di minerali e sabbie carsiche. Per visitarle, bisogna fare tappa al vicino villaggio di Ban Chom Ong e farsi accompagnare da una guida. Nel villaggio rurale di Muang La, è ospitato il Buddha di Singkham, statua sacra in oro e bronzo, dal peso di oltre 200 kg, realizzata in Sri Lanka poco dopo la morte del Buddha e giunta in Laos nell’868 d.C.

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La Riserva di Nam Ha e Phongsali

Il tour prosegue verso Luang Nam Tha, a circa 117 km da Udomxai. Sorge al confine tra Laos, Cina e Myanmar ed è una distesa pianeggiante circondata da catene montuose, cascate e corsi d’acqua. L’omonima riserva naturale, si estende per 2.224 km quadrati con foreste e montagne ed è la casa di diverse specie protette e di minoranze etniche come gli Akha. I turisti possono dedicarsi a vari sport ed escursioni all’aria aperta o ad attività tipiche come la raccolta del riso e del cotone o, ancora al trekking a dorso di elefante con pernottamento in tenda. L’ultima tappa dell’itinerario è la provincia di Phongsali, piuttosto remota e la più settentrionale, a poca distanza col confine della Cina. Intorno si scorgono montagne coperte di vegetazione equatoriale, dove vivono varie specie protette, soprattutto in quella di Phu Den Di. Nell’area si possono organizzare dei suggestivi trekking, in una zona ancora accidentata con guest house a gestione familiare e ambiente incontaminato.

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