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Nostalgia del corpo. Opera 1. ©Tina Cosmai
Nostalgia del corpo. Opera 1. ©Tina Cosmai

VIA DI FUGA A MARE

Foto Tina Cosmai. Testo Gigliola Foschi

Vedere nella lontananza, attraversare il tempo

Via di fuga a mare è il titolo emblematico della serie di opere, suddivise in cinque “capitoletti”,  presentate da Tina Cosmai. Ma Via di Fuga a Mare è anche la scritta che campeggia su un cartello corroso dalla salsedine e dalla trascuratezza umana, affacciato su un mare in lontananza, quasi invisibile. Un mare a cui gli uomini però, nonostante tutto,  continuano a rivolgere lo sguardo, quasi fossero calamitati da un desiderio inconsapevole e inappagato di infinito. Nelle sue immagini, il cielo chiuso in un biancore atemporale e l’orizzonte cancellato da banchine industriali, che paiono volere occupare il posto delle gradazioni marine del blu e del celeste, creano un che di sottilmente angoscioso, un senso di solitudine, un’assenza di speranza. Emozioni  che l’autrice tempera con un tocco poetico come scaturito dalla bacchetta magica di una fata sensibile alle sofferenze del mondo e degli umani,  dunque protesa ad alleviarle. Le opere di Tina Cosmai, come il suo mare, sono infatti  immagini intime dove la leggerezza si coniuga con la malinconia, la realtà con la rêverie.  Tali  opere  nascono  da una “conversazione interiore” con il paesaggio, perché basate su una lunga familiarità, su un dialogo silenzioso capace di far emergere ciò che rimane celato e di sollecitare fantasie ed emozioni. 

Lùdica. Opera 1 ©Tina Cosmai
Lùdica. Opera 1 ©Tina Cosmai
Lùdica. Opera 5. ©Tina Cosmai
Lùdica. Opera 5. ©Tina Cosmai

Con la serie Manikins l’autrice, come lei stessa dichiara, ci vuole parlare della solitudine di uomini che ricavano un proprio piccolo spazio, separati fra loro e dalla comunità, di fronte ad un mare a sua volta imprigionato da gru, banchine industriali, sdraio e cartelli. Ma sono immagini che ci fanno anche sentire il bisogno d’infinito, e la solitudine umana: le persone infatti sono rappresentate sempre di spalle, lontane come figurine senza un volto visibile, vicine magari ad altre persone che di loro non paiono nemmeno accorgersi.  L’impressione allora è che la condizione di solitudine non riguardi solo chi è osservato, ma tocchi anche agli spettatori che guardano tali presenze assorte. Tutti si ritrovano immersi in un contesto che costringe a riflettere sull’impossibilità (apparente o definitiva?) di comunione con una natura che ci parli ancora di libertà, d’immensità, di assoluto. 

Nostalgia del corpo. Opera 9© Tina Cosmai
Nostalgia del corpo. Opera 9. ©Tina Cosmai
Attraversare il Tempo. Opera 1. ©Tina Cosmai
Attraversare il Tempo. Opera 1. ©Tina Cosmai

Anche la serie Lùdica dove il tempo del bambino – rappresentato da birilli volanti, giostre, palloncini, cavallucci a dondolo che salgono verso il cielo – si sovrappone al presente, a quello stesso mare che, in ogni sua immagine, si apre davanti ai nostri sguardi come un “fondale” impersonale. I colori stessi di queste immagini sembrano emergere dai ricordi dell’infanzia, rendendo tali giocattoli più espressioni della memoria, della fantasia, che non della realtà. Sono  giochi che – con i loro colori spesso sfumati e privi di ombre, quasi fossero delle presenze-assenze sospese nel tempo – sembrano rievocare quei vecchi libri illustrati per bambini che Walter Benjamin raccolse con amore per tutta la vita. La potenza evocativa della giostra ci affascina per la sua abissale perpetuità rasserenante, è come se contenesse uno scarto esistenziale-temporale che la immerge nel passato dei ricordi e le riporta all’oggi nel segno del meraviglioso.

Attraversare il Tempo. Opera 9. ©Tina Cosmai
Attraversare il Tempo. Opera 9. ©Tina Cosmai

Tutto, in queste immagini, si presenta vicino e al contempo attraversato da un velo che indica una lontananza, nel tempo, nello spazio. Ebbene, per Tina Cosmai questo tempo è quello dell’immagine-poesia. I suoi sono solo in parte scatti fotografici. Si tratta infatti di immagini create quasi come dipinti, dove lei taglia e sottrae elementi inutili o di disturbo, modifica i toni di colore, fa apparire ciò che non era là di fronte al suo sguardo e fa sparire ciò che è estraneo alla sua poesia visiva.  E questo per dare un tocco di sospensione, di atemporalità, per immergerle in un velo di tenerezza, per trasformarle in reticoli di affinità. Nella serie Nostalgia del corpo, vediamo due bambine evanescenti che, osservano un lontano isolotto, trasformate e trasfigurate in figure della memoria più che in presenze.  Oppure osserviamo delicati abiti fanciulleschi a volte seminascosti nella sabbia, o costumi scossi dal vento del mare, svuotati dai corpi che li abitavano… 

Il messaggio nascosto che comunicano tali immagini è in fondo molto vero: il nostro corpo – come lei stessa ha vissuto in prima persona – può tradirci, può abbandonarci, può lasciarci a lungo nell’incertezza di una possibile guarigione. Eravamo vivi, siamo vivi ma, se scomparissimo, che cosa rimarrebbe di noi se non i nostri vestiti privi dei nostri corpi?  Eppure lei trasforma questa cupa verità in qualcosa di delicato, quasi giocoso, come se ci volesse comunicare che anche i ricordi più tristi possono trasmutarsi, nella dolcezza del tempo, in un’altra narrazione simile a un filtro magico che resiste nella durata.

Attraversare il Tempo è, d’altra parte, il titolo dell’ultima serie di opere dove il tempo, come lei scrive, è inteso come «una dimensione spirituale in cui il passato diviene un presente lunghissimo». In questo gruppo d’immagini spariscono i moli,  le panchine, le gru e tutta quella congerie d’interventi umani capaci di trasformare un paesaggio naturale in uno artificiale. Ritorna la linea dell’orizzonte segnata dal blu del mare, per quanto a volte seminascosta tra dune di sabbia più o meno naturali. Che cosa è accaduto?  Perché questo cambiamento?  Come indica lo stesso titolo, l’autrice sembra voler far riemergere il passato, e lo fa come sempre in punta di piedi, disseminando nelle sue opere piccole tracce, dettagli minimi da scoprire come in una onirica caccia al tesoro. Tutto ci rimanda al nostro antico rapporto con il mare, quando era fonte primaria del nostro cibo, culla della  vita animale,  sfondo di riti ancestrali. Certo, non tutto rievoca il passato, perché il passato può ritornare davvero solo nei sogni, quindi qua e là permangono segni che ci rimandano all’oggi: una nave cargo in lontananza, dune che paiono depositi di sabbia trasportati lì solo in funzione dell’arrivo della prossima stagione balneare. Eppure… Eppure mi piace immaginare che l’ultima sua immagine sia quella in cui una ragazza di spalle osserva incantata un isolotto roccioso in lontananza. Tale immagine  è infatti come un invito, una speranza, una possibilità  di ritrovare un incontro profondo con la Natura. Non tutto è perduto. Forse possiamo ancora incontrare un’idea d’infinito, immergerci nella contemplazione del paesaggio e far fluttuare i nostri pensieri in sintonia con le onde del mare e l’alito del vento.

Gigliola Foschi

Bio

La fotografia di Tina Cosmai è una ricerca sulla solitudine e lo smarrimento dell’uomo nel paesaggio contemporaneo. I suoi lavori sono stati esposti in diverse mostre personali e collettive sia in Italia che all’estero e pubblicati su riviste di settore: Il Fotografo, l’Oeil de la Photographie, ArtsLife, Le Litteraire, Spectaculum Magazine, Phocus Magazine. Le sue opere sono state in mostra in importanti fiere d’arte: Mia Fair Milano 2021 e 2022, The Phair Torino 2022, Photo Fair Rotterdam 2022. Il progetto La Luna e i Falò, dedicato a Cesare Pavese, è esposto nel Museo Fondazione Pavese, Santo Stefano Belbo. Con il progetto Manikins nel 2019 vince il 6th Fine Art Photography e nel 2021 il New-Post Photography Mia Fair, Milano. Menzione d’onore al progetto Nostalgia del corpo, 18° Julia Margaret Cameron Award for women photographers, 2022. Contrasto pubblica, nel 2022, il libro “Via di Fuga a Mare”.

Tina Cosmai è rappresentata da Alessia Paladini Gallery, Milano

Tina Cosmai, Via di Fuga a Mare

Edizioni Contrasto. 

25 x 25 cm, 96 pagine, 60 fotografie ca. a colori, brossura con alette.

Pubblicato nel mese di aprile 2022

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