WATERWORLD
Foto e testi di Jacopo della Valle
Da quasi 10 anni viaggio per il mondo alla ricerca di tutte quelle popolazioni e minoranze etniche poco conosciute, spesso invisibili alla nostra società, che ancora sopravvivono alla globalizzazione cercando di mantenere vive le loro caratteristiche tradizioni ancestrali.
Al largo delle coste di Filippine, Malesia e Indonesia vivono i Bajau, popoli indigeni, nomadi e apolidi conosciuti anche come zingari del mare.
Diffidenti, perché abituati a vivere isolati, sono spesso trattati con indifferenza o denunciati perché considerati immigrati illegali sulla terraferma; infatti, non sono riconosciuti da nessuno Stato e non hanno alcun diritto fondamentale.
In passato si muovevano liberamente nei mari del Sud-est asiatico mentre oggi sono più stanziali, ma ancora vivono strettamente legati al mare in piccole palafitte di legno costruite sull’acqua bassa o in barche chiamate “lepas”, lontani dalla terraferma e la sua società. Hanno una conoscenza dell’Oceano senza eguali e la loro vita trascorre lenta, scandita dai ritmi delle maree.
Esperti apneisti, imparano a nuotare appena nati; la pesca e la raccolta di conchiglie e crostacei rappresentano la fonte principale di sostentamento dei Bajau, che raggiungono la costa solamente per commerciare i loro prodotti o per ripararsi dalle forti tempeste.
Salis, un pescatore Bajau, mi ha introdotto nella sua comunità facendomi da interprete e permettendomi di fotografare il loro stile di vita e le loro abitudini.
Mi ha raccontato che ha provato a trasferirsi sulla terraferma per lavorare in città, ma dopo qualche mese, il richiamo nostalgico del mare è stato troppo forte ed è tornato a vivere nella sua palafitta, scappando dalla routine e dalla quotidianità di una vita stanziale.
L’inasprimento dei controlli, la graduale diminuzione della fauna marina e le restrizioni ai loro movimenti stanno mettendo a rischio la sopravvivenza dei Bajau, ma trasferirsi sulla terraferma e abbandonare il loro stile di vita non è ancora un’opzione contemplata.
Bio
Ha viaggiato in Europa, negli Stati Uniti, a Cuba, in Perù, in Africa e in Asia. Affascinato dalle culture tribali, ha sempre cercato di entrare in contatto con le popolazioni locali per conoscerne e sperimentarne usi, costumi e tradizioni caratteristici. Ha intrapreso lunghi viaggi alla scoperta di diverse minoranze etniche che vivono in tribù difficili da raggiungere e che ancora sopravvivono alla globalizzazione. Il suo principale interesse è la conoscenza e la scoperta dell’autenticità di popolazioni diverse che vivono ancora nel rispetto delle loro particolari tradizioni culturali.
Tra tutti i generi fotografici si è specializzato nei ritratti, dove cattura la storia e l’essenza delle persone che ha di fronte, con tutto il loro bagaglio culturale ed emotivo.
Il suo lavoro non solo rivela diverse realtà antropologiche, ma vuole rendere un grande omaggio a queste culture che ci circondano e ci arricchiscono.
Sostiene l’associazione ORIENT@MENTI ODV che ha come scopo quello di realizzare progetti di solidarietà a supporto dei servizi educativi di base e a beneficio delle persone più svantaggiate in Ladakh.
Le sue foto sono state pubblicate su diverse riviste specializzate nazionali e internazionali e hanno vinto diversi premi e riconoscimenti tra cui l’IPA 2019, 100 BEST PHOTOS of 35AWARDS 2019, ND AWARDS 2019, il MIFA 2020, Tifa 2020, l’ AAP 2020.
Aderisce al progetto “Atlas of Humanity” ed è stato selezionato per l’esposizione Internazionale di “Atlas of Humanity 2019” a Parigi.
Link
Questa storia è una delle 50 storie finaliste del Travel Tales Award 2023.
Il TTA è un premio internazionale dedicato alla fotografia autoriale di viaggio, che ogni anno seleziona 50 storie tra cui vengono poi assegnati numerosi premi, pubblicazioni e mostre.
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