VIAGGIANDO NEL MONDO NUOVO
Un atlante visivo eclettico, dove i nomi dei luoghi spariscono, perché ormai quasi inutili in un mondo globalizzato. Un atlante – quello costruito da Stefano Parisi – composto da una collezione di fotografie scattate qua e là in giro per il mondo: dagli Stati Uniti all’Italia, dall’Islanda a Singapore, fino alla Tanzania e l’Oman… L’autore è infatti un viaggiatore contemporaneo che va dove lo portano le occasioni e che osserva ogni luogo, vicino o lontano che sia, con la medesima curiosità. Il suo sguardo è “democratico”, capace di costruire una costellazione di immagini dove strane somiglianze connettono luoghi distanti tra loro, come se una mano un po’ folle si fosse divertita a spargere per il globo elementi che si rimandano a vicenda o che si rispecchiano gli uni negli altri: così un gruppo di statue a Cerea, in Italia, non è così dissimile da quelle fabbricate a Mérida in Messico; un grattacielo di Singapore, simile ad un bel cilindro svettante nel cielo, appare pressoché uguale a un comignolo sul tetto della Cité Radieuse di Le Corbusier a Marsiglia, se non fosse per le diverse proporzioni; il quale comignolo a sua volta, con il suo denso fumo, rimanda alle ciminiere di un fabbrica inopinatamente incastonata in un paesaggio solitario e roccioso; ciminiere che, raggruppate assieme, ci riportano a un gruppo di molteplici piloni, eretti su una spiaggia deserta, spazzata dal vento invernale. E si potrebbe proseguire ancora, di relazione in relazione, tra segni urbani un po’ strani e altri elementi un po’ fuori posto, in paesaggi che ci piacerebbe pensare come naturali e selvaggi, ma che invece presentano i segni di un’insidiosa e onnipresente antropizzazione.
Un’antropizzazione ancora più sottolineata dalla quasi totale assenza di presenze umane. L’uomo è una sorta di artefice occulto, un protagonista scomparso che nasconde la sua mano, ma lascia segni e rifiuti ovunque passi, anche nel deserto più deserto. L’insieme di tali immagini costituisce così l’inedito e saltellante abbecedario di un paesaggio dove i segni della globalizzazione e della presenza dell’uomo rendono sempre più sfumate le differenze tra i diversi luoghi del Pianeta. Lo sguardo di questo autore è come se volesse rimettere in uno strano ordine luoghi mescolati tra loro, fino a creare un insieme visivo simile a una filastrocca capace di connettere insieme elementi del paesaggio che però, nella realtà, rimangono differenti tra loro, come se molte parti del mondo parlassero una lingua simile ma con parole diverse. Parisi insomma dispone e ricompone, quindi espone; e così facendo ci indica nuove relazioni tra le cose, inedite situazioni, che ancora non sappiamo dove ci porteranno.
Gigliola Foschi
In apertura: Horseshoe Bend, USA, 2014 Courtesy of Alidem. A fianco: Lake Powell, USA, 2014.