
BABELE PAPUA
Foto e testi di Chiara Felmini
La Papua Nuova Guinea è una penisola dell’Oceania situata sull’Isola di Papua, una grande isola condivisa con l’Indonesia. È la seconda isola del mondo: solo la Groenlandia è più grande. La forma e il tipo di struttura dell’isola, insieme con la semplicissima tecnologia degli abitanti, spiegano come mai essa contenga un così gran numero di culture e lingue differenti e come mai sia rimasta distaccata dal mondo e dal progresso per secoli. Anche se la popolazione dell’isola raggiunge solo i tre milioni di abitanti, coesistono almeno un migliaio tra lingue e dialetti differenti.
Le religioni tradizionali della Nuova Guinea sono assai diverse. È comune credenza che un vasto numero di spiriti e di antenati influenzi le sorti dell’uomo su questa terra.
Molti gruppi etnici vivevano fino a poco tempo fa isolati ed erano in parte nemici fra loro. La loro convivenza in uno Stato moderno comporta difficoltà politiche e sociali. Il tasso di criminalità è molto elevato


Un viaggio in questa terra è d’altro canto molto affascinante nella mia esperienza diretta non mi sono mai sentita in condizione di rischio, né ho affrontato episodi definibili pericolosi.
Il background è molto “africano”: strade rosse, palme alte, vecchi edifici coloniali abbandonati, negozietti colorati che vendono di tutto.
I nativi hanno un aspetto tozzo, sono molto scuri, con grossi nasi su corpi appesantiti, capelli crespissimi come zucchero filato nero, ma di una gentilezza disarmante.


I nativi hanno un aspetto tozzo, sono molto scuri, con grossi nasi su corpi appesantiti, capelli crespissimi come zucchero filato nero ma di una gentilezza disarmante.
Bisogna ricordare d’altronde che gli storici ritengono che 50.000 anni fa la Papua Nuova Guinea fosse abitata da popolazioni asiatiche. Il primo contatto con l’Europa avvenne probabilmente tra il 1526 e il 1527 quando l’esploratore portoghese Jorge de Meneses battezzò questo luogo Ilhas dos Papuas (‘isole dei capelli crespi’).

L’aspetto più avvincente di questo viaggio è comunque il colore e le decorazioni del corpo delle diverse tribù: il corpo diventa uno strumento, un veicolo per esprimere una qualsivoglia comunicazione. Le colorazioni che compongono le decorazioni sono mezzi di un metalinguaggio che accomuna tutti i clan. Durante le principali cerimonie, gli abiti tradizionali sono posti in secondo piano rispetto alle decorazioni di argilla colorata, che viene applicata direttamente sul corpo per trasmettere dei messaggi così come gli elaborati copricapi dove le piume degli uccelli del Paradiso, sono la parte fondamentale
Le preparazioni sono lunghe e complesse, seguendo rituali e codici tramandati solo per via orale; non esiste una storia scritta per nessuna delle tribù che abbiamo incontrato.
Generalmente tutto il viso è colorato seguendo degli schemi che si tramandano da chissà quanto tempo, le piume dei vari uccelli sono scelte accuratamente e conservate in base al tipo di uccello nelle pagine di una rivista locale oppure in scatole di legno.

L’isola custodisce circa 7000 culture diverse. Ognuna di esse ha la sua propria lingua, armi e approcci alla danza, alla musica, alla pittura del corpo e dell’abbigliamento. Oggi questo inestimabile patrimonio sta iniziando a disgregarsi con la modernizzazione del Paese.
Un viaggio in questa terra è un’immersione nella ricchezza

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Questa storia è una delle 50 storie finaliste del Travel Tales Award 2023.
Il TTA è un premio internazionale dedicato alla fotografia autoriale di viaggio, che ogni anno seleziona 50 storie tra cui vengono poi assegnati numerosi premi, pubblicazioni e mostre.
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Nata a Torino nel 1965, fotografo dall’età di 8 anni, quando ho ricevuto in regalo la mia prima macchina fotografica (che possiedo ancora); da allora non ho mai smesso di guardare il mondo da dietro una lente con interesse sempre crescente per i viaggi e l’ambiente. Gli animali fanno parte della mia vita, professionale e non, da oltre 30 anni e fotografarli è stata un percorso assolutamente naturale. Solo in un secondo momento l’amore per i viaggi mi ha portato a scoprire la passione per la foto documentaristica e di reportage. Fotografo per raccontare storie, per una ricerca estetica ed emotiva; la ricerca costante della luce, del colore, dell’attimo, ma soprattutto dell’interazione con le persone che incontro, mi da’ una grande spinta alla condivisione e alla comprensione della natura umana ed è un’attività per me ormai indispensabile. Molte soddisfazioni vengono dalla pubblicazione di miei scatti su riviste del settore (National Geographic più di tutti, ma anche Dodho Magazine, AAP, Il fotografo) e dai riconoscimenti in concorsi nazionali e internazionali (National Geographic, PX3, Mifa, IPA, ND, Monovision, WWDPhC ). Ho esposto i miei lavori a Torino, Reggio Emilia, Tortona e Piobesi Torinese, oltre che al Festival della Fotografia Etica di Lodi e soprattutto nell’ambito del prestigioso Atlas of Humanity che è stato in mostra a Milano, Parigi e recentemente a New York. Sono stata inoltre più volte chiamata a presentare i miei lavori in serate a tema presso Circoli Fotografici e Culturali.
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