A DANISH STORY. TØNDER, STORIA SENZA TRAMA DI UNA PICCOLA CITTÀ DANESE
Testo e foto di Giuliana e Antonio Corradetti
Prendi un paese, né troppo grande né troppo piccolo, né troppo famoso né troppo poco. Uno di quei tanti in Danimarca che di solito vengono definiti con l’aggettivo incantevole. Non percorrere solo le vie del centro storico ma anche quelle più defilate. Scopri la grazia assorta delle piccole case e il silenzio innaturale dei vicoli verso sera. Come una piccola fiammiferaia guarda dentro le finestre illuminate. Segui il cammino sghembo dei gatti. Lasciati stupire dai fiori davanti alle case, a volte minuscoli, a volte alti come i portoni. Non farti confondere dai troppi gingilli: bandierine, cuori, ghirlande, angioletti. Bisogna scrutare oltre la superficie per intuire un’anima più profonda, austera e scarna, profondamente danese, che emerge da epoche lontane. L’usura del tempo e l’attuale cura amorevole delle cose stendono il loro velo prezioso, uno opaco, l’altro smagliante, facendone un posto di stregata bellezza. Ora i ninnoli alle finestre non hanno più nulla di lezioso al nostro sguardo e rivelano la loro vera identità. Sono simboli ermetici, parti di rebus.
Questo è un luogo di segreta poesia, non un paese per bambole.
Tønder la incontri a soli 4 km dal confine tedesco. Non ci si aspetta un così intenso distillato di “danesità” a così poca distanza dalla Germania. É come uscire dal mondo dei Buddenbrook di Thomas Mann nella vicina, solida Lubecca e ritrovarsi perduti nel misterioso universo delle Sette storie gotiche di Karen Blixen.
Eppure anche Tønder come Lubecca ebbe, nel suo piccolo, un’attività mercantile assai fiorente nel medioevo, quando ancora era un porto fluviale alla foce del Vidå, che prosperava nel commercio di cavalli e bestiame. Oggi la piccola città è lontana dall’acqua. Dorme, immobile come la bella addormentata. Le dighe che dovevano salvarla dalle inondazioni non la salvarono dalla rovina e causarono l’insabbiamento del suo porto. La sabbia della clessidra del tempo ne ha cancellato il ricordo ma non il sogno, tanto che ancora impavidi velieri in miniatura solcano un mare immaginario dietro qualche finestra.
L’antico centro storico visto dall’alto, con il suo disegno regolare, il traforo di piazze e giardini, i fili delle strade, la trama dei tetti, sicuramente somiglia a un centrino di pizzo e forse è un segno del destino perché, a partire dal Seicento, fu proprio il merletto a salvare Tønder dalla decadenza. L’arte dei fuselli, appresa da merlettaie della Westfalia, arricchita da tecniche del Brabante, diede presto vita a un florido mercato. Le donne, nelle case, come in un quadro di Vermeer, al lume di candela, creavano pizzi immateriali. Più inventavano trafori per accelerare il lavoro, più incantevole era il risultato. Ore e ore di silenzio. Ragnatele di lino, cristalli di neve, trine di brina. Motivi ripetuti all’infinito. Chilometri di filo bianco passati tra le dita a legare insieme i giorni e le storie.
Tønder sembra di marzapane e pan di zenzero. É fatta di casette, rose, margherite, mattoni rossi, portali e porticine, tetti a punta e soprattutto finestre. Un’ossessione di finestre. Grandi, strette, a golfo, a lunetta, tutte affamate di luce, tutte spalancate come occhi stupiti bistrati di bianco, tutte animate da uno straripante microcosmo di piccoli ornamenti. Statuine di porcellana, candelieri, lampade, teiere, creaturine fiabesche, è questo il piccolo popolo delle finestre che vive di vita propria sui davanzali, schierato in fila dietro i vetri, in un addobbo di ingenua freschezza.
Orlo di spuma delicata spinto sulla riva della strada dalla risacca gentile del vivere domestico. Nell’ora azzurra, come in una fiaba di Andersen, I piccoli abitanti dei davanzali si animano. Nascono passioni travolgenti tra soldatini di piombo e ballerine di porcellana, amori impossibili tra cigni di vetro e pastorelle di pezza. Tutto nell’arco di ogni notte, dal tramonto all’alba, per poi tornare a essere gli innocenti ninnoli di sempre, per le fotografie dei turisti distratti. Hygge (pronuncia hugga) è più che una parola della lingua danese, è un intero concetto. Significa calore, intimità, comfort, atmosfera accogliente.
Da qui il gusto per l’arredamento, l’idea stessa di casa, il piacere della convivialità, ma non solo, ne deriva anche un sentimento più profondo: la ricerca della felicità attraverso il rinnovo quotidiano delle piccole gioie ordinarie.
Chi avrebbe mai immaginato che una candela accesa o un geranio dietro ai vetri potesse simboleggiare tutto questo? A Tønder si capisce subito che in Danimarca c’è tutto un altro rapporto con la luce e con il concetto di interno ed esterno.
Si è subito intrappolati nell’accattivante gioco delle finestre che da una parte mettono in mostra e dall’altra proteggono gelosamente la riservatezza delle stanze. Esporre ed escludere. Esibire e celare. Si resta affascinati. Al tempo stesso ospiti e forestieri. Østergade, Storegade, Vestergade, Uldgade, tutte le vie di Tønder diventano deserte nel blu della sera. Le antiche dimore nobiliari del Torvet si riempiono di spifferi e bisbigli. Ora è chiaro per tutti che gli ombrelloni chiusi del Klosterkaféen sono in realtà bianchi fantasmi incappucciati. In fila lungo i due lati della strada, le casette serrate si tengono per mano sopra il selciato lucido a squame di serpente. Hanno occhi illuminati e grazia leggera da pettirosso. Non più voci di mercanti, né sospiri di merlettaie, solo ricordi e nostalgie. E rose sui muri, colme di pioggia.
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INFO
Riferimenti
Anna Ancher (1859-1935) Grande pittrice danese nata e morta a Skagen, nell’estremo nord dello Jutland. Insieme al marito fece parte della comunità di artisti della Scuola di Skagen. I temi ricorrenti della sua pittura sono gli interni delle case e le scene di vita quotidiana, resi con grande sensibilità per la luce e il colore.
Il pranzo di Babette . Film del 1987 di Gabriel Axel tratto dall’omonimo racconto di Karen Blixen. La storia si svolge in un austero villaggio danese alla fine dell’800.
Karen Blixen (1885 – 1962) Famosissima scrittrice danese. Autrice di numerosi libri, la maggior parte dei quali ambientati in Danimarca.
Poul Henningsen (1894 – 1967) Nato a Ordrup, Danimarca. Architetto, intellettuale e designer, interessato all’illuminazione degli ambienti. Fu il pioniere dell’illuminotecnica e l’ideatore della serie di lampade PH.
Stile danese. Danish interior design. Si riferisce all’arredamento degli interni ed è detto anche stile Hygge. Si basa sul concetto che la forma è dettata dalla funzione. Si ispira al benessere e al comfort e a una filosofia di vita semplice, serena e gioiosa. É caratterizzato da linee essenziali e pulite, minimalismo, toni neutri e luci soffuse.
Letture consigliate
L”immancabile Karen Blixen e La storia dei sogni danesi di Peter Høeg.
Sito ufficiale della Danimarca
La guida turistica ufficiale della Danimarca
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