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Una torinese a Londra: la storia di successo di Gaia Enria

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Una torinese a Londra: la storia di successo di Gaia Enria

di Federica Giuliani | Instagram

In una giornata di cielo terso su Torino, ho incontrato Gaia Enria per farmi raccontare la sua storia di successo, iniziata tra le sfogline della Romagna e approdata, nove anni fa, a Londra. 

Esperta di pubbliche relazioni e comunicazione, Gaia Enria, è l’esempio perfetto di chi nella vita ha il coraggio di cambiare strada per andare alla ricerca di nuovi stimoli.

Nata a Torino, ha da sempre avuto uno sguardo internazionale, in grado di intercettare nuove tendenze e mode. Così, lavorando a Londra come PR a metà degli anni duemila, ha capito che ciò che mancava in città era la possibilità di reperire pasta fresca di qualità. 

Così, anche grazie alla collaborazione di chi ha creduto nel progetto, nel 2013 è nato Burro e Salvia, uno store con trattoria annessa (solo 16 posti a sedere) dal tradizionale sapore italiano in una delle zone più trendy di Londra, Shoreditch. 

Come è iniziata l’avventura di Burro e Salvia?

Sono sempre stata una viaggiatrice, ma a livello lavorativo sono rimasta a lungo a Torino. Ho lavorato nella comunicazione in ambito del turismo, dell’arte e della moda poi dopo le Olimpiadi del 2006 ho pensato che fosse il momento per me di cambiare. All’inizio ho creduto di voler andare a Vancouver, ma Londra è sembrata una destinazione più semplice da scegliere. All’interno di un’importante agenzia ho trovato la possibilità di lavorare con i nuovi mercati per conto di grandi clienti e sono stata travolta dall’entusiasmo della situazione, ma dopo un po’ le responsabilità hanno iniziato a schiacciarmi e ho iniziato a lavorare come freelance. Durante la mia attività, però, avevo avuto modo di vedere i report sulle tendenze e notai un interesse in crescita verso l’italianità in ambito food and drink.

Non ho nessuna tradizione da pastaia – mia madre è sempre stata una grande cuoca ma la pasta fresca per la domenica a Torino si comprava in gastronomia – ma un amico, ai tempi fiduciario Slow Food a Bologna, mi fece fare un tour tra le sfogline romagnole e pensai di proporre una tradizione italiana antica applicata alle nuove generazioni. Ho creato quindi una boutique dove giovani appassionati, che in alcuni casi svolgono anche lavori totalmente differenti, potessero creare pasta dal perfetto sapore italiano.

In base a quali criteri hai scelto il quartiere dove aprire il negozio?

Non è mai facile trovare il posto giusto per una nuova attività e a Londra più che altrove. Con un po’ di fortuna (e fiuto) ho trovato un locale a Shoreditch, quartiere adiacente all’altrettanto trendy Hoxton. Fino a una decina di anni fa era ancora parzialmente sviluppato e malfamato, ma a Londra quando decidono di investire in un quartiere nel giro di breve viene trasformato e risanato. Decisi di aprire lì, nonostante i dubbi del mio architetto, perché avevo notato alcuni brand particolarmente di tendenza che iniziavano ad aprire negozi permanenti e temporanei. Ho pensato di seguire l’onda e oggi posso dire di essere felice di quella scelta. 

Chi sono i clienti di Burro e Salvia?

Vengono gli italiani residenti, che difficilmente consumano in loco ma comprano la pasta da cuocere a casa, ma anche i turisti (che al momento mancano un po’) e naturalmente gli inglesi, anche perché il mio obiettivo è sempre stato quello di conquistare gli anglosassoni con ravioli e tortellini. Oltre alla vendita del prodotto, infatti, vanno forte anche i corsi per imparare a fare la pasta: al momento sono tutti sold out. Complice è anche l’atmosfera di casa che ho voluto ricreare tramite colori e arredi, provenienti dal Balôn di Torino. 

Qual è il tipo di pasta più apprezzato?

Il nostro signature dish è l’Agnolotto Cavour secondo la ricetta (leggermente modificata) del pastificio Sapori di Torino. È il prodotto più venduto in assoluto nonostante proponiamo regolarmente alternative stagionali. 

Quali sono le difficoltà delle attività nel food and beverage dopo la Brexit?

Le difficoltà sono soprattutto due. La prima riguarda il reperimento di alcune materie prime, ma ho iniziato a lavorare anche con produttori locali (come la farina WildFarmed del musicista Andy Cato, dei Groove Armada) per ovviare al problema. 

Siamo invece in crisi totale per le risorse umane: il mondo dell’ospitalità non può più contare sulle persone provenienti dall’Europa anche solo per studiare e trovare dipendenti inglesi non è affatto facile. È innegabile che i migliori general manager, barman e chef, da queste parti, siano italiani o francesi. Il mio team è vario; l’head chef, ad esempio, è canadese mentre l’assistant manager è argentina e tutti per fortuna vivevano a Londra già da tempo e sono potuti restare. 

Visto il successo, hai intenzione di espandere l’attività?

Avevo provato, dopo due anni dall’apertura di Burro e Salvia, ad aprire in una zona maggiormente residenziale ma mi sono resa conto presto che era stata la scelta sbagliata.

Oggi potrei pensarci, ma solo se trovassi il giusto business partner con cui condividere gli oneri. L’importante, però, è che la qualità dei nostri prodotti continui a restare eccellente. 

Infine, quando sei a Londra, dove vai a mangiare?

Ho sempre vissuto nella parte est di Londra, dove ho anche il locale, quindi gravito soprattutto in quella zona. I posti che preferisco frequentare nella quotidianità, dove trovo il mio comfort food, sono Bao per gli omonimi panini al vapore e Koya, che fa ottimi noodles. Frequento spesso anche un gastro-pub per i suoi classici piatti British rivisitati in chiave moderna (The Marksman) e poi due wine bar, dove mangiare anche qualcosa di sfizioso: Bright e Passione Vino.

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