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Radicchio di Treviso: alla ricerca del fiore d’inverno

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Radicchio di Treviso: alla ricerca del fiore d’inverno

di Silvana Benedetti

Da novembre a febbraio, tra le brine e le gelate della campagna veneta, e nello specifico dell’area trevigiana, nasce un fiore dalla linea gotica, con foglie slanciate, cariche di nervature, sinuose e avvolgenti dal lembo, di un colore rosso rubino, intenso e brillante. È un fiore d’inverno, pregiato, tipico e inimitabile, dal gusto croccante e da un leggero sentore di acqua sorgiva, perché è un fiore che si mangia: il radicchio tardivo di Treviso IGP. Strappato al gelo della terra, prima di arrivare sulle tavole dei suoi innumerevoli estimatori e protagonista in cucina delle più prelibate ricette regionali, “il fiore d’inverno” inizia la sua misteriosa fase d’imbiancamento. Sarà l’acqua cristallina di risorgiva (10-12°C) del fiume Sile a risvegliarlo, una volta legato e messo a riposare per 20 giorni nelle apposite vasche. Il procedimento lo rende dolce e gustoso e ricco di valori nutrizionali: diuretico, antiossidante, protettivo per la circolazione e per il cuore.

Il radicchio di Treviso: un prezioso ortaggio a denominazione protetta

Le origini del radicchio sono avvolte nel mistero. La sua coltivazione è frutto di una tradizione che affonda nei secoli: la versione più accreditata è quella che vede protagonista l’architetto di giardini belga Francesco Van Den Borre che, giunto in Veneto nel 1860, fu il primo a portare nella zona del Trevigiano la tecnica di imbianchimento già in uso per le cicorie belghe.

Il Radicchio Rosso di Treviso, nelle sue due varianti tardivo e precoce, insieme alla vezzosa cugina Radicchio Variegato di Castelfranco, ottengono l’Indicazione Geografica Protetta il 1 luglio 1996.

L’Europa firma i suoi prodotti

Eccellenze italiane quindi, che meritano attenzione e apprezzamento. Per questo l’Europa ha deciso di finanziare, evidenziare e sensibilizzare il valore di alcuni prodotti ortofrutticoli, tracciabili, garantiti nella qualità e nella provenienza. Ecco dunque la campagna di comunicazione europea che, con il claim suggestivo “L’Europa firma i suoi prodotti”, offre un messaggio forte che punta a sottolineare l’esperienza di consumo gratificante che l’etichetta europea garantisce. Oltre al Radicchio Rosso di Treviso, precoce e tardivo, e a quello Variegato di Castelfranco, in Italia sono presenti altri due radicchi a marchio europeo di tutela IGP: il Radicchio di Verona e il Radicchio di Chioggia.

Per apprezzarli nella loro autenticità, nulla di meglio che entrare nel cuore del territorio. I segreti del “fiore che si mangia” si scoprono nel luogo dove viene prodotto: nella terra attraversata dal fiume Sile, dove si sviluppa la Strada del Radicchio rosso di Treviso.

La civiltà dell’acqua: da Treviso a Castelfranco Veneto

La Strada del Radicchio offre l’’occasione di scoprire, attraverso numerosi itinerari, alcune meraviglie di questo entroterra: le vestigia romane, le storiche dimore di campagna, le “Ville Venete”, come pure i palazzi e le città murate, che emanano arte e cultura, con le chiese ed i loro campanili, gli antichi organi, le pale e gli affreschi a firma di famosi artisti.

Si parte da Treviso, dove la stessa immagine del radicchio è indissolubilmente legata a quella di Piazza dei Signori ed alla Torre civica che su essa campeggia. La prima Mostra del Radicchio risale infatti al 1900, organizzata proprio sotto il Palazzo dei Trecento. La città all’interno delle sue mura cinquecentesche è ricca di monumenti e di opere d’arte, e va goduta lentamente attraverso gli scorci pittoreschi che formano i suoi canali.

A S. Cristina si trova l’Oasi naturalistica del Mulino Cervara, già funzionante nel 1325, una vasta area palustre che costituisce una delle più importanti zone umide del Parco Naturale Regionale del Fiume Sile. All’interno dell’esteso canneto, trovano rifugio molte specie di uccelli, che vi svernano o nidificano, e nell’ Orto Botanico sono state raccolte e classificate circa 50 specie vegetali, alcune delle quali rare e preziose.

A Badoere si trova la bellissima e originale Rotonda, costituita da due emicicli porticati, destinati a mercato permanente, autorizzato nel 1689 dalla Serenissima. Il complesso, pregevole architettura settecentesca, è una successione modulare di botteghe al piano terra, che ospita abitazioni ai piani superiori.

A Fanzolo, c’è uno dei monumenti architettonici più notevoli dell’intera Strada del Radicchio: Villa Emo. La villa fu progettata da Andrea Palladio, incaricato nel 1560, dal nobile Leonardo Emo di progettare una residenza di campagna. Il Palladio realizzò un grandioso complesso, sviluppato orizzontalmente e formato dalla villa padronale, a forma di parallelepipedo, e da due barchesse laterali composte da undici arcate su pilastri e terminanti in due colombaie a forma di bassi torrioni, suggestivo richiamo alle affascinanti torri medioevali.

Arriviamo infine a Castelfranco, ancora circondata dalla bella cinta di mura merlate. Il castello che ingloba l’abitato originario fu realizzato dal 1195 al 1199 come avamposto militare amministrativo della città di Treviso. Qui siamo nella città natale del Giorgione e la sua casa ospita in una sala del primo piano un fregio attribuibile al grande artista con quasi totale certezza. Nei pressi della Casa del Giorgione si trova il Duomo che custodisce ed ospita a destra del presbiterio, la famosissima “Pala del Giorgione”. Ma anche altre notevoli opere di artisti famosi.

Il radicchio in ogni portata

L’itinerario non può prescindere dalle soste golose nei numerosi ristoranti della zona: veri percorsi d’autore creati dagli chef, dove il radicchio entra in ogni portata, accompagnandosi a zuppe, risotti, carni, pesci, contorni e perfino dessert.

Info: Radicchio di Treviso

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