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Roads of Arabia: i tesori dell’Arabia Saudita in mostra a Roma

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Roads of Arabia: i tesori dell’Arabia Saudita in mostra a Roma

di Ilaria Guidantoni

Roads of Arabia. Treasures of Saudi Arabia è di scena a Roma nel Museo Nazionale Romano presso sede delle Terme di Diocleziano, fino al primo marzo 2020. La mostra unica – giunta nella Capitale grazie al Ministero della Cultura dell’Arabia Saudita e al Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo d’Italia – esplora il ricco patrimonio della penisola arabica attraverso capolavori archeologici, importanti opere d’arte e documenti antichi. Oltre un milione di anni di storia, dalla preistoria, in particolare dal neolitico, alla formazione del Regno dell’Arabia Saudita, il percorso espositivo illustra la profondità e l’ampiezza della civiltà araba, troppo spesso associata nell’immaginario collettivo al deserto, al petrolio e alle costruzioni avveniristiche odierne. In mostra oltre 450 manufatti rari, venuti alla luce grazie ad importanti scavi archeologici. Dopo sedici tappe internazionali in Italia racconta la storia dello sviluppo della penisola araba con un viaggio attraverso luoghi, vie e piste,  esplorando come gli elementi culturali siano una fusione di tradizione e modernità. Di grande raffinatezza e suggestione anche per il luogo e l’allestimento.

L’idea di Roads of Arabia. Treasures of Saudi Arabia

L’esposizione è un racconto dinamico nel tempo e nello spazio attraverso gli spostamenti dei popoli nomadi e dei mercati, poi dei pellegrini, infine dei viaggiatori, da cui il titolo Roads of Arabia che disegnano mappe nel tempo e incrociano popoli e culture che si mescolano negli stili artistici, ponte tra due continenti, l’Africa e l’Asia, ma anche punto di arrivo e di partenza del mondo europeo. L’idea sottintesa è quella di portare alla ribalta l’Arabia felix non più solo come un mito ma una realtà seppure lontana, quando al posto del deserto c’era una terra rigogliosa. Troppo spesso la lettura di quel grande regno è oggi legata a un’immagine monocolore, legata alla cultura arabo-musulmana e a certi stereotipi. Un tempo il profumo di incenso e tante lingue si potevano intendere infatti da queste parti.

L’icona

A testimonianza di un’originalità dimenticata ci si può soffermare su un architrave, frammento del telaio di una porta o finestra con disegni geometrici e animali in rilievo di provenienza Qaryah (villaggio) al-Faw con teste di stambecco, tipo di decorazione tipica dell’Arabia meridionale, certamente inusuale nella nostra fantasia se si pensa a quelle terre. Il reperto inoltre mostra l’unione di decorazioni arabe, greche e romane e testimonia la portata di uno stile internazionale da queste parti che rivela un crocevia di genti.

Posando qua e là lo sguardo

Siamo stati attirati dalla presenta di iscrizioni in diverse lingue come il sabeo o l’aramaico, la lingua franca dei commerci in una parte dell’Arabia e dalla creazione dei Lihyaniti che svilupparono un alfabeto proprio, le cui lettere coincidono tutte tranne una con quelle dell’arabo moderno, scritto anch’esso prevalentemente da destra a sinistra. Su una parete è appesa kiswa, la stoffa che ricopre alla Mecca la Kaaba, dono offerto ogni anno, tradizione che dura ancor oggi. Quella in mostra è del 1413. Di grande bellezza una porta in legno proveniente da Najd della fine XIX secolo inizio XX secolo con una leggera incisione decorativa ottenuta bruciano i colori nel legno, secondo lo stile tipico della regione. Molti esempi oggi sono ad al-Dir’yah, nella periferia nord-occidentale di Riad, che fu la capitale del primo stato saudita dal 1744 al 1818; accanto una finestra sempre di provenienza da Riad della fine del XIX secolo e una porta a due ante con decorazioni floreali bianche a smalto del 1705 di al-Ashsaa.

Due teche sono dedicate ai gioielli di grande raffinatezza, alcuni in argento e altri nell’oro puro, giallo giallo di quell’area, con design di grande modernità.

L’allestimento

Di grande suggestione la scelta del luogo, le più grandi terme romane esistenti, inserendo e idealmente facendo dialogare l’archeologia con l’archeologia in un gioco di rimandi e differenze. Le opere ci appaiono quasi di sorpresa in una luce soffusa e filtrata dalle grandi aperture e bene illuminate in teche ampie come piccole architetture su basamenti neri spesso con forme irregolari e inclinate che danno un tocco moderno al nostro viaggio. Ben fatte le didascalie su targhette in legno a rilievo con pannelli esplicativi in forma di totem retro illuminati e fruibili fronte, con il titolo e retro, con la spiegazione. Frontalmente le colonne mostrano video inclinati molto curati di immagini e paesaggi ma anche scene di vita che scorrono sotto i nostri occhi e aiutano il pensiero nella rappresentazione degli oggetti come attrezzi di scena.

Il Percorso della mostra nello spazio e nel tempo

Preistoria

Le più antiche tracce lasciate da insediamenti umani nella penisola arabica sono rappresentate da utensili in pietra risalenti a circa 1,3 milioni di anni fa. Gli archeologi definiscono questo periodo Paleolitico inferiore. I manufatti esposti sono stati riportati alla luce a Shuwayhitiyah e a Bir Hima, rispettivamente nel nord e nel sud-ovest dell’Arabia. Circa 10.000 anni fa, agli inizi del Tardo Neolitico, l’Arabia era caratterizzata da un clima umido. La sua vegetazione rigogliosa, i laghi profondi, le paludi fertili e l’abbondanza di selvaggina attrassero qui non solo cacciatori e raccoglitori, ma anche pastori nomadi provenienti dalle regioni del Mediterraneo orientale. Dai ritrovamenti si desume che queste popolazioni lavorassero la pietra per ricavarne armi e strumenti di vario genere. Intorno al 5.500 a.C., lungo le coste e intorno alle oasi della Penisola arabica figurano stanziate diverse comunità. Praticavano l’agricoltura, l’allevamento, la caccia e la pesca. Un migliaio di anni dopo, quando il clima tornò a essere progressivamente più secco, queste popolazioni ripresero a praticare uno stile di vita più nomade. Utensili, tra cui anche punte di frecce e lame, sono stati rinvenuti in tutta la Penisola arabica. In questa parte troviamo molte statuette di forma femminile, vasi e utensili, in particolare oggetti di alabastro, materiale caratteristico di quest’area perché simbolo di ricchezza e alta posizione sociale anche se non è un materiale adatto a contenere i liquidi.

L’isola di Tarut, Dilmun e Gerrha

L’isola di Tarut è una delle più vaste oasi di palme da datteri dell’Arabia nord-orientale. La costruzione di una sopraelevata negli anni Sessanta è stata all’origine di varie importanti scoperte archeologiche. Alcuni dei ritrovamenti più antichi risalgono al 2900 a.C. e attestano l’esistenza di relazioni commerciali tra Tarut e la Mesopotamia. Altri manufatti provano legami tra l’isola e la Persia sud-orientale, terra di origine di una grande quantità di recipienti in clorite finemente lavorati. In questa epoca, Tarut rappresenta uno dei centri principali della civiltà Dilmun, un’antica cultura citata nei testi mesopotamici. Gli archeologi ritengono che, tra la fine del IV e l’inizio del terzo millennio a.C., la civiltà Dilmun risiedesse sull’isola di Tarut e nelle aree circostanti della terraferma. Una vasta collina, su cui oggi sorge una fortezza, è indizio forse dell’esistenza di un ampio porto legato alla fiorente attività marittima della civiltà Dilmun, la cui presenza è attestata oltre che a Tarut e lungo la costa, anche sull’isola di Bahrain. Nel IV secolo a.C., Alessandro Magno conquistò la Mesopotamia che rimase sotto l’influenza greca fino all’arrivo dalla Persia dei Sasanidi, nel III secolo d.C. Poiché nel nord-est dell’Arabia non stati riportati alla luce insediamenti greci significativi, sembra che questa influenza fosse dovuta essenzialmente al commercio di oggetti: gioielli in oro, monete e sculture.

Tayma, Al-‘Ula and Qaryah al-Faw

Tayma rappresenta uno dei principali siti archeologici della regione. I più antichi insediamenti umani stabili in quest’area risalgono al quinto millennio a.C. La collocazione lungo la leggendaria Via dell’Incenso, che univa l’Arabia meridionale alla Siria e alla Mesopotamia a nord, all’ Egitto e al Mediterraneo a est, fu all’origine della sua rilevanza e della sua ricchezza. Tayma attirò l’attenzione dell’ultimo re babilonese, Nabonide (sul trono dal 556 al 539 a.C.), che si stabilì qui per dieci anni, servendosi dell’oasi come base per le sue incursioni nell’Arabia nord-occidentale. In quest’epoca si assiste a un rinnovamento del repertorio artistico e delle tecniche che vanno a fondersi con le tradizioni locali. Fino all’arrivo dell’Islam (VII secolo d.C.), Tayma continuò a svolgere un ruolo significativo nella regione. Al-‘Ula è la denominazione moderna dell’antica Dedan, importante stazione di sosta lungo la Via dell’Incenso nell’Arabia nord-occidentale.
Nel VI secolo a.C., sotto la guida della tribù locale dei Lihyaniti, Dedan divenne un centro di una certa rilevanza. Grazie ai pedaggi imposti, in cambio di protezione e forniture, a tutte le carovane dirette dall’Arabia meridionale verso il Mediterraneo e la Mesopotamia, la città si arricchì enormemente.
La crescita economica e di prestigio favorì la nascita di una lingua scritta e creò i presupposti per lo sviluppo di una ricca produzione artistica, originale di Dedan. I Lihyaniti fecero edificare numerosi templi che ornarono di monumentali statue. Erano soliti, inoltre, onorare i defunti scavando delle tombe nella parete rocciosa di al-Khurayba, uno dei più antichi siti di Dedan. Qaryah al-Faw fu una delle città più ricche tra quelle che sorgevano lungo le antiche vie carovaniere. Era situata ai margini del Quarto Vuoto, nel punto d’incontro di diverse vie commerciali che collegavano il sud con il nord-est dell’Arabia. Il suo mercato, i templi, il cimitero, dislocati tra rigogliosi boschetti di palme, valsero al sito l’appellativo di Dhat al-Jnan (la città del Paradiso).

La Mecca e il pellegrinaggio

La Mecca, cuore sacro Islam, può contare su una fornitura costante di acqua che alimenta la celebre fonte Zemzem proprio nei pressi della Kaaba. Grazie alla sua vicinanza alla Via dell’Incenso, la Mecca divenne uno snodo commerciale importante nel V secolo d.C., quando la tribù dei Qurayshiti, attivamente impegnata nel commercio carovaniero, si stabilì qui. Il profeta Maometto (PBSL) nacque alla Mecca nel 571 d.C. Nel 622 d.C. Maometto partì per Medina, nota anche come Yathrib, situata a più di 300 km dalla Mecca, per andare a predicare la nuova religione. Il memorabile viaggio dalla Mecca a Medina (Egira) segna l’inizio del calendario islamico.
Nel 631 d.C. i musulmani fecero ritorno alla Mecca e introdussero l’Islam. Alla fine del VII secolo, la rapida espansione dell’Islam oltre i confini dell’Arabia determinò l’esigenza di una complessa rete viaria in grado di accogliere la folla di pellegrini in visita alla Mecca. Le strade su cui un tempo avevano viaggiato le merci destinate a terre lontane furono sostituite da nuovi itinerari diretti alla città santa. Lungo alcune delle vie principali furono costruiti di conseguenza nuove stazioni di sosta, pozzi e centri di rifornimento.
Il difficoltoso viaggio di andata e ritorno dalla Mecca poteva durare mesi, a volte persino anni. Per sopperire in parte alle spese, i pellegrini portavano con sé beni trasportabili come ceramiche, vetro, oggetti in metallo e stoffe da poter scambiare o vendere.

Stato Saudita

I poeti arabi furono forse tra i primi a esplorare il passato della propria terra. Nei loro versi spesso descrissero rovine e monumenti antichi.
Anche viaggiatori e pellegrini, durante tutta l’età islamica, ci hanno lasciato le loro osservazioni su siti importanti. La costruzione, agli inizi del Novecento, della ferrovia dell’Hegiaz, che trasportava i fedeli da Damasco alla Mecca, rese la Penisola arabica più accessibile ai viaggiatori europei.
A partire dagli anni sessanta, il Regno saudita ha avviato un vasto programma di esplorazione archeologica della Penisola. Il progetto ha previsto anche uno studio dettagliato della via di pellegrinaggio Darb Zubaydah e campagne di scavo presso Qaryah al-Faw e al-Rabadha. Malgrado negli ultimi decenni questi programmi siano stati significativamente ampliati, lo studio archeologico della Penisola arabica è ancora agli albori. Molti degli oggetti esposti in questa mostra sono stati riportati alla luce solo nell’ultimo decennio, alcuni addirittura soltanto pochi anni fa.

Info utili

Cosa: Roads of Arabia. Treasures of Saudi Arabia

Dove: Museo Nazionale Romano nella sede delle Terme di Diocleziano – Viale E. de Nicola, 78 – Roma

Quando: dal 28 novembre 2019 al primo marzo 2020

Orario: martedì-domenica 09.30 – 19.30 – La biglietteria chiude un’ora prima. È possibile l’acquisto on line; prenotazioni al n. +39 06 399 67 701

Iniziative serali: in occasione della mostra Roads of Arabia alle Terme di Diocleziano sono previste delle aperture serali straordinarie dalle ore 20.00 alle ore 23.00 al costo speciale di 5.00 euro tutti i venerdì e i sabato.

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