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RIDING THE TURTLES

Foto di João Coelho. Testo di Rebecca Piva

“I avoid photographing people or scenes that, due to their violence, obscenity, racism or religious beliefs, go beyond what is acceptable, even from a documentary or journalistic photo point of view.”

Ed è proprio questa grande sensibilità e rispetto che traspare dalle foto in bianco e nero scattate da João Coelho in Angola il suo paese di origine. Tornato nel luogo in cui è nato ed ha trascorso la sua infanzia, l’artista, dopo 10 anni di inattività fotografica, ha ripreso ad esprimersi attraverso la sua Canon, spronato dal fascino emotivo e sentimentale esercitato da questa terra abbandonata da adolescente ma il cui ricordo è rimasto ben impresso nella mente dell’artista. Osservando il susseguirsi dei suoi scatti entrerete in un mondo fatto di semplice immaginazione. Ciò che viene documentato dal fotografo è infatti il gioco di un gruppo di bambini di 6 e 7 anni in Angola, più precisamente sulla cosiddetta Mabangas Beach dove si trova un’immensa distesa di gusci di conchiglie di mabangas, un comune mollusco della costa occidentale dell’Africa che è molto apprezzato come aperitivo e come accompagnamento del pirao, una sorta di puree preparato con farina di manioca, alla base della cucina dell’Angola. La storia raccontata da Coelho è fatta di sorrisi, amicizia e divertimento. Ma dietro a questa apparente spensieratezza si nasconde qualcosa di più. Le montagne di conchiglie vuote non sono il risultato di maree che hanno portato a riva e accumulato questi scheletri di molluschi, ognuna di queste conchiglie è stata aperta faticosamente dalle mani esperte di numerose donne che lavorano qui per vendere i mabangas nei diversi mercati che orbitano intorno alla capitale, Luanda. Quello che rimane di questo faticoso e lungo lavoro sono le montagne di scheletri di molluschi, che però acquistano nuova vita grazie a un gruppo di bambini che gareggia su di loro come se fossero delle montagne russe.

Questa spiaggia non è quindi un luogo di svago ma di duro lavoro. I ragazzini delle immagini sono figli e nipoti di queste donne, altri sono orfani e vivono nelle baracche dei pescatori. Quasi tutti lavorano qui, aiutando le loro madri, zie e nonne. Nessuno di loro va a scuola perché le famiglie non possono permetterselo. In questa parte del mondo i bambini non conoscono parchi divertimenti e giochi all’ultima moda, quello a cui possono affidarsi per potersi divertire è esclusivamente la loro sfrenata fantasia che gli permette di realizzare i loro giocattoli utilizzando ciò che il mare lascia sulle sponde della spiaggia quando si ritira con la bassa marea. Quelli che noi chiamiamo rifiuti, che ancora troppo spesso non vengono riciclati ma buttati in mare, come bottiglie di plastica, lattine di alluminio, pezzi di legno, polistirolo e reti da pesca vengono invece recuperati dai bambini e lavorati per dargli nuova vita trasformandoli in barche, macchine, pupazzi e molto altro ancora.

L’artista nel descrivere questi gruppi di bambini utilizza il termine “cameratismo” perché non è raro che fra di loro dividano il cibo, i giochi o i soldi guadagnati aiutando le madri, nonne e zie, come fanno i soldati al fronte. La loro vita è fatta di condivisione di quel poco che hanno ed è scandita dal ritmo del mare, del vento e del sole, questo per loro è la vera felicità.

Il loro gioco preferito è ovviamente lanciarsi dalla cima delle colline di gusci guidando i carapaci delle tartarughe lasciati dai pescatori sulla spiaggia dopo aver concluso il loro pasto. I più avventurosi si lanciano su questo slittino poco convenzionale in gruppi di tre, in altri casi i più esperti tengono sulle gambe i più piccoli per mostrargli come funziona il gioco. Conclusa la ripida discesa, l’adrenalina si mischia alla gioia, alle risate e alle urla dei bambini che trovano che questo sia il divertimento più bello del mondo.

Coelho, grazie alla riscoperta delle sue origini e al rapporto sincero creato con le persone che popolano le sue fotografie, ha confessato di essersi trasformato in una persona molto più semplice e umana ripensando alle priorità della propria vita. Per entrare nel mondo degli angolani e farsi accettare nella loro comunità ha dovuto infatti mostrarsi umile e semplice come loro, magari conoscere la loro lingua o ancora meglio il loro slang rispettando la loro privacy e i momenti di silenzio.

La vita dell’artista è stata arricchita dagli incontri vissuti in questo luogo e siamo certi che le sue fotografie vi faranno conoscere un tipo di gioia diverso e uno spaccato di mondo lontano dal nostro e dal quale possiamo imparare molto.

The gang

BIO

João Coelho è nato in Angola nel 1964 ma è stato costretto a lasciare il suo paese all’inizio della sua adolescenza, a causa della guerra d’Indipendenza. Ha trascorso la maggior parte della sua vita in Portogallo; tornando nella nativa Angola solo nel 2007. L’interesse di João per la fotografia è stato dormiente per molti anni, fino al 2018. Infine, lavorando come consulente di progetti nel settore pubblico, ha trovato la sua motivazione per riprendere in mano la macchina fotografica, per rispondere all’attrazione emozionale e
sentimentale per quella terra che lasciò in maniera brutale all’inizio dell’adolescenza.Coelho è un vero fotografo documentarista. Lavora sui progetti con calma, senza fretta, mai soddisfatto del suo lavoro finché non lo completa. Non sorprende che il suo ritorno in Angola, dopo anni di lontananza, l’abbia ispirato a entrare in profondo contatto con la sua terra e la popolazione. João è alla costante ricerca di storie e quando le trova. riesce a raccontarle in maniera straordinaria. La scelta dell’obiettivo, un grandangolo profondo, il violento ma perfetto contrasto di bianco e nero, e soprattutto la capacità del fotografo di convivere con i suoi protagonisti, diventandone parte, quasi invisibile, dando vita a questa meravigliosa testimonianza.



C|e contemporary nasce dall’unione e dalle esperienze di professionisti con affermata attività pluriennale nel mondo dell’arte, della cultura e della comunicazione. Il suo spazio in Milano, nella centrale zona di Porta Romana, ospita mostre ed eventi di carattere artistico e culturale. c|e contemporary vuole offrire un punto di incontro tra chi produce e chi ama le arti e la cultura nelle sue più svariate forme espressive attraverso percorsi espositivi che alternano a figure di artisti che hanno scritto un’importante pagina di storia, ad altri di una generazione contemporanea di mezzo, che ha già messo, tuttavia, a segno la sua ricerca estetica ed il pensiero teorico che la sottende, unitamente, infine, ad una selezione di giovani artisti emergenti.Da poco negli spazi di c|e contemporary è stato inaugurato il progetto DISCOVERY la fresca e vivace sezione espositiva dedicata alla nuove proposte che c|e contemporary, in linea con il suo programma internazionale, propone e che si caratterizza per la selezione di artisti il cui lavoro si contraddistingue per essere di elevata qualità ma non ancora inserito nel mondo dell’Arte Contemporanea. 

Il linguaggio privilegiato dalle scelte curatoriali per questo luogo di aggregazione è quello della fotografia, qui utilizzato dagli artisti attraverso estetiche e ricerche differenti, per riflettere e tentare di dare risposte ai grandi interrogativi del nostro tempo. Ed è proprio in questa nuova sezione che si inserisce la mostra RIDING THE TURTLE di João Coelho che sarà visitabile fino al 30 settembre.

Progressive Street è una “banda” di fotografi internazionali che guardano dall’altra parte, sì, ma in questo mondo. Siamo una Galleria d’Arte, un’Agenzia e una piccola Casa Editrice indipendente: le strade di tutto il Mondo, lo sguardo della realtà, gli occhi della strada. Mostriamo gli effetti della globalizzazione. Siamo uno sguardo al mondo globalizzato. La
fotografia come etnografia, il nostro ethos è una visione antropologica, sociologica, sociale. Street- Documentario – Fotogiornalismo. 

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