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Roy Lichtenstein. Multiple Visions al Mudec di Milano

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Roy Lichtenstein. Multiple Visions al Mudec di Milano

Rpy Lichtenstein. The Oval Office, 1992. Serigrafia su carta Rives, 90,5×115,4 cm. Collection Lex Harrding . ©Estate of Roy Lichtenstein

di Daniela Bozzani

Il MUDEC presenta il grande maestro americano Roy Lichtenstein. Riconoscibile al primo sguardo anche da chi non ne conosce il nome, è stato una delle figure più importanti nell’arte del ventesimo secolo. Negli anni mitici della Pop Art ha affascinato generazioni di creativi, dalla pittura alla pubblicità, dalla fotografia al design e alla moda. Ancora oggi il potere seduttivo che esercita è molto forte.

Oltre 100 opere tra prints, sculture, arazzi provenienti da musei e collezioni private

La mostra, organizzata in un percorso tematico, mette in evidenza la visione estetica dell’artista, rispetto alla riproducibilità meccanica dell’opera d’arte, di cui Lichtenstein è stato forse il più sofisticato interprete. La realizzazione di una stampa partiva, come per i dipinti, da disegni e studi preparatori ed è attraverso una ricerca costante su tecniche e materiali innovativi che l’artista costruiva, da una idea originale, la copia moltiplicata.

Lo stile favolistico e ironico dei primi anni ‘50

Negli anni ’50, perfezionando le tecniche di riproduzione tradizionali, Lichtenstein, realizza personalmente i propri lavori, considerandoli quasi un momento scolastico di distrazione. Rivisita iconografie medievali, reinterpretando opere letterarie americane o ricalcando stili e forme dell’astrattismo ispirandosi a Paul Klee. Mescola il modernismo europeo con gli indiani e il Far West, le scene di vita dei pionieri e gli eroi. “In un certo senso – afferma Lichtenstein – come Picasso usava elementi africani, l’America usava quelli dei suoi indiani”. Ritornerà sul tema dei motivi tradizionali, riletti in chiave pop alla fine degli anni ’70, con la nascita del movimento politico Red Power per l’autodeterminazione dei nativi americani.

La poetica degli oggetti, tema fondante della pop art

Per Lichtenstein gli oggetti di uso quotidiano sono ritratti di “una certa anti-sensibilità che pervade la nostra società”. Il colore dell’oggetto, riprodotto con intenzionale superficialità e grossolana semplificazione, diventa colore-oggetto. Colore come elemento centrale, con un suo valore intrinseco e astratto, aldilà dell’oggetto che avvolge. A partire dalla serie Still Life predilige i colori fondamentali per esaltare il carattere percettivo, oggetto di studio nei progetti di industrial design degli anni ’60. Come gli artisti del passato entravano nei musei per cercare ispirazioni così Lichtenstein entrava nei supermercati per capire dal packaging dei prodotti quali combinazioni di colori attirassero maggiormente l’occhio. Nella serie Mirrors l’artista ha uno scarto concettuale: lo specchio non ha immagini riflesse e mancando della sua funzione, diventa un oggetto astratto.

Gli Interiors e i Comics ispirati dai disegni degli architetti modernisti o dalle pubblicità e dai fumetti

Nelle prints di grandi dimensioni, gli Interiors, sono ambienti della vita quotidiana ma inanimati, inabitabili, moderni interni quasi metafisici. “Tutti i miei soggetti sono bidimensionali. Anche quando raffiguro una stanza, sarà l’immagine di una stanza che ho preso da una pubblicità in un elenco del telefono, che è una fonte bidimensionale”. Allo stesso modo i Comics, forte elemento di riconoscibilità della sua arte, derivano dalle immagini dei fumetti. Lichtenstein preleva un singolo fotogramma, ingrandendolo fuori scala e imitando a mano la tecnica tipografica con il puntinato. L’artista non è interessato al soggetto o all’azione ma alla forma e all’impatto nella percezione dell’immagine.

La figura femminile: dalla casalinga felice alle inquietudini esistenziali ai nudi

Ripresa dalle pubblicità dedicate alla cura del corpo e della casa, nei primi anni ’60, la donna è rappresentata in un habitat di benessere materiale, in sintonia con gli stereotipi propagati dal contesto sociale e culturale dell’epoca. Successivamente la donna idealizzata, pop-platonica ripresa dai cartoons, è dipinta quasi sempre sognante secondo i cliché delle novelle illustrate per teenager. Con l’avvento dei movimenti femministi la donna quasi scompare dai lavori di Lichtenstein per riapparire filtrata dalle visioni dei maestri del Novecento. Le donne diventano tema unico nei lavori del 1994 e 95 con la serie dei Nudi. Ritratte in una sfera intima, sensuali, abbandonano l’aura malinconica e sembrano sostituire al romanticismo il narcisismo.

I Landscapes fanno riferimento a immagini realizzate da altri piuttosto che alla natura

Nei templi greci o nei tramonti non vuole riprodurre la realtà ma la sua immagine ripresa dagli sfondi dei cartoon. Intorno a questo tema l’artista inizia ad usare materiali innovativi quali il Rowlux, un tipo di plastica lenticolare che suggerisce un’idea di movimento. “Questi fogli di plastica erano perfetti per il cielo e l’acqua, due elementi che si muovono e cambiano continuamente davanti ai nostri occhi”. La serie dei Paesaggi del 1985, dalla ricca cromia, mostra immagini di intricata gestualità. Sono mescolate per la prima volta le pennellate stilizzate con cui Lichtenstein usava ironizzare sullo stile action painting e pennellate reali. L’ultima serie realizzata nel 1996 è la Chinese Landscape. Le atmosfere rarefatte del paesaggismo orientale sono enfatizzate attraverso una complessa composizione di puntini tipografici, il cui impiego raggiunge in queste opere il punto più alto della sua ricerca formale.

Coerente con lo spirito pop è interessato a una forma parodistica dell’astrazione

A partire dal 1965 crea alcuni Brushstrokes che riproducono come soggetto isolato una pennellata, gesto archetipico e simbolo romantico della pittura. Congelando la fluidità del segno ne fornisce una versione aggiornata e ironica. Negli anni ’80 la pennellata si espande e si moltiplica in un segno scomposto. Le sculture in bronzo e in legno sono un tentativo di rendere tangibile un’idea dandole un peso reale, cioè dare una forma solida a ciò che è un gesto momentaneo, di solidificare qualcosa di effimero. L’astrazione geometrica della serie Imperfect, dalle campiture piatte ed intersezioni di linee che fuoriescono dal rettangolo della cornice, allude alla tridimensionalità. “L’idea è che la linea si può iniziare ovunque per poi seguirla e disegnare tutte le forme nel quadro … mi sembrava un modo di fare un quadro astratto completamente privo di scopo”.

Le reinterpretazioni dei maestri e dei temi del Novecento

Per Lichtenstein non si tratta di un mero citazionismo o della volontà di reinterpretare l’arte del passato, ma di una sua decostruzione e rilettura stilistica che riconduce l’immagine ad una dimensione contemporanea. “Stavo facendo vignette e altre immagini commerciali e semplicemente mi è venuto in mente che potevo fare un Picasso, farne qualcosa di semplice…”

La mostra è stata curata da Gianni Mercurio, studioso di Lichtenstein da oltre 20 anni.

INFO

Cosa: Roy Lichtenstein. Multiple visions.

Dove: MUDEC, Museo delle Culture di Milano, via Tortona 56.

Quando: dal 1 maggio all’8 settembre.

Orari: tutti i giorni dalle 9.30 alle 19.30, il giovedì fino alle 22.30, il lunedì dalle 14.30 alle 19.30. La biglietteria chiude un’ora prima.

Biglietti: intero 14€

Info: www.mudec.itwww.ticket24ore.it

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