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Mostre a Venezia: viaggio in Mesopotamia prima dell’alfabeto

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Mostre a Venezia: viaggio in Mesopotamia prima dell’alfabeto

di Federico Klausner | @fekl

Tra le mostre a Venezia da non perdere è quella che conduce in Mesopotamia alle origini della scrittura. L’esposizione è promossa dalla Fondazione Ligabue, intitolata al famoso scienziato e paleontologo veneziano scomparso due anni fa, con al suo attivo oltre 130 spedizioni alla ricerca dell’origine della vita sul Pianeta, e che con Piero Angela girò tra i documentari più belli della televisione italiana, e curata dal professore Frederick Mario Fales uno tra i più noti assiriologi e studiosi del Vicino Oriente Antico.

La mostra

Sono quasi 200 le opere della Collezione Ligabue esposte per la prima volta – tra cui tavolette e straordinari sigilli risalenti a oltre 5000 anni or sono – rievocano la grande civiltà dell’Antica Mesopotamia, un territorio oggi inaccessibile. In mostra, tra reperti e apparati multimediali, anche testimonianze delle esplorazioni di Paul Emile Botta e Austen Henry Layard nel XIX secolo, con prestiti dai musei archeologici di Venezia e Torino.

La Mesopotamia

Culla di civiltà straordinarie, oggi martoriata e saccheggiata dalla guerra e dal terrorismo che hanno reso inaccessibile il suo patrimonio di bellezza e conoscenza, la terra di Sumeri, Accadi, Assiri e Babilonesi ci viene raccontata e svelata grazie all’esposizione di tavolette cuneiformi e di numerosi sigilli cilindrici o a stampo, ma anche sculture, placchette, armi, bassorilievi, vasi e intarsi provenienti da quell’antico mondo.

A questi oggetti si affiancano importanti prestiti del Museo archeologico di Venezia e del Museo di Antichità di Torino: dal primo, bellissimi frammenti di bassorilievi rinvenuti nella mitica Ninive; dal secondo un frammento di bassorilievo assiro fortemente iconico raffigurante il re Sargon II, scoperto nel 1842 da Paul Emile Botta – console di Francia a Mosul – e da lui donato al re Carlo Alberto.

Gli antichi alfabeti

La nascita della scrittura, avvenuta quasi contemporaneamente in Egitto e in Mesopotamia verso il 3200 a.C., segna uno dei capitoli più affascinanti e rivoluzionari della storia della civiltà, fondamentale per le dinamiche di trasmissione del sapere e per la conoscenza dell’antichità. La mostra ci conduce quasi 6000 anni or sono in Mesopotamia, la Terra dei Due Fiumi, in un universo di segni, simboli, incisioni ma anche di immagini e racconti visivi che testimoniano la nascita e la diffusione travolgente della scrittura cuneiforme, rivelandoci nel contempo l’ambiente sociale, economico e religioso dell’Antica Mesopotamia. Bisogna ricordare che il cuneiforme è durato 3500 anni, mentre i segni alfabetici che usiamo oggi ne hanno solo 2500.

Le prime scritture

Dai primi pittogrammi del cosiddetto proto-cuneiforme, rinvenuti a Uruk – annotazioni a sostegno di un sistema amministrativo e contabile già strutturato – all’introduzione della fonetizzazione (dai “segni-parola” ai “segni-sillaba”) la scrittura cuneiforme, con le sue evoluzioni, si sviluppò e si diffuse con estrema rapidità anche in aree lontane: dalla città di Mari sul medio Eufrate a Ebla nella Siria occidentale, a Tell Beydar e Tell Brak nella steppa siro-mesopotamica settentrionale. Abili scribi verranno formati per redigere documenti grazie a segni ormai classificati e vere e proprie scuole saranno istituite nei diversi centri, per insegnare a nuovi funzionari a leggere e scrivere.

Centinaia di migliaia di tavolette di argilla – la materia prima della terra mesopotamica – hanno dato vita ad autentici archivi e biblioteche, in un mondo che aveva compreso il valore e il potere della scrittura: tavolette con funzioni contabili-amministrative, tavolette giuridiche, storiografiche, religiose e celebrative, o addirittura letterarie, racchiudono le storie, i lavori, i pensieri e i ritratti di uomini e re vissuti tremila anni prima di Cristo; miti e leggende di dei ed eroi.

Le tavolette

In mostra le preziose tavolette raccontano di commerci di legname o di animali, di coltivazioni di datteri e di orzo per la birra, di traffici carovanieri tra Assur e l’Anatolia, di acquisti di terreni e di case con i relativi contratti e le cause giuridiche; celebrano Gudea signore possente, principe di Lagash, promotore di grandi imprese urbanistiche e architettoniche; prescrivono le cure per una partoriente afflitta da coliche, con incluso l’incantesimo da recitare al momento del parto, o testimoniano l’adozione di un bimbo ittita da parte di una coppia o, ancora, le missive tra prefetti di diverse città-stato. Accanto alle tavolette, placchette e intarsi, in osso, in conchiglia, in oro o in avorio, bassorilievi e piccole figure, raffinati oggetti artistici e d’uso comune, ma soprattutto, tanti importanti sigilli, straordinari per le figurazioni e le narrazioni, per il pregio artistico delle incisioni realizzate da abili sfragisti (bur-gul).

I sigilli

Esposti negli ambienti particolarmente suggestivi dell’antica biblioteca dell’Istituto Veneto di Scienze Lettere e Arti vi sono sigilli inestimabili per valore storico e artistico, raffiguranti uomini, eroi e animali, ma anche divinità come il dio solare Samash, quello della tempesta Adad, il dio delle acque dolci Ea, oppure Enlil che assegnava la regalità, massima autorità del pantheon mesopotamico, definito dio del cielo e degli inferi e soppiantato con l’affermarsi della dinastia babilonese da Marduk.

Ma anche la complessa Inanna (in sumerico) Isthar (in semitico), “costantemente a cavallo della barriera tra donna e uomo, adulto e bambino, tra bene e male, tra vergine e prostituta”: dea della fertilità, dell’amore e della guerra ad un tempo. Quindi scene mitologiche – il mito di Etana, tredicesimo re della prima dinastia di Kish alla ricerca della “pianta della nascita”, trasportato in cielo da un’aquila – o singolari, come la raffigurazione (in un sigillo del periodo protodinastico III, in lapislazzuli) di personaggi seduti che bevono la birra da una giara, con lunghe cannucce.

Creati per registrare diritti di proprietà e apposti fin dal periodo Neolitico sulle cerule – sorta di ceralacca a garanzia della chiusura di merci e stoccaggi – i sigilli, con l’avvento della scrittura, vengono apposti sulle tavolette o sulle buste di argilla (utilizzate fino al I millennio) per autenticare il documento, garantendo la proprietà di un individuo. Essi prima indicavano l’amministrazione, come oggi il timbro di un Comune, e col tempo vennero a rappresentare il singolo individuo, riportandone il nome, giungendo magari a presentare l’iscrizione di una preghiera.

Il valore intrinseco dei sigilli cilindrici, già sostitutivi di quelli a stampo intorno alla metà del IV millennio, è dato dal fatto che essi erano generalmente realizzati in pietre semipreziose provenienti da luoghi molto lontani: i lapislazzuli – importati dal lontano Badakhshan, nell’odierno Afghanistan nord orientale, celebre per le miniere descritte anche da Marco Polo – l’ematite, la cornalina, il calcedonio; ma anche agata, serpentino, diaspro rosso o verde, cristallo di rocca.

Per questo i sigilli furono spesso riutilizzati, diffondendosi anche come amuleti, ornamenti, oggetti votivi: veri status symbol talvolta indossati dai proprietari. Nei sigilli cilindrici, in pochi centimetri, accanto alle iscrizioni venivano realizzati motivi iconografici sempre più raffinati, differenziati per periodi e aree geografiche. Già l’idea di adattare un disegno a una superficie curva, in modo da ripeterlo ad libitum, era rivoluzionaria. Sfilate di prigionieri davanti al re, scene di lotta tra eroi e animali, processioni verso il tempio, raffigurazioni di guerra e di vita quotidiana, donne-artigiane accovacciate, grandi banchetti, racconti mitologici: l’evoluzione stilistica, la raffinatezza delle incisioni diventano nel tempo sempre più evidenti.

Info utili

Dove: Istituto Veneto di Scienze Lettere ed Arti, Palazzo Loredan. Campo Santo Stefano, Venezia.

Quando: fino al 25 aprile.

Orari: da martedì a domenica 10.00 – 17.00. Lunedì chiuso.

Ingresso: 5€

Catalogo: Catalogo Giunti Editore, a cura di Adriano Favaro. € 40. Particolarità: la copertina è in rilievo, come impressa da un sigillo.

Info: www.primadellalfabeto.it; info@fondazioneligabue.it. Tel. 041 2705616

 

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