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La Collezione Libera tra Warhol, Vedova e Christo a Bergamo

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La Collezione Libera tra Warhol, Vedova e Christo a Bergamo

di Daniela Bozzani

La mostra, inaugurata alla GAMeC di Bergamo, nasce dall’incontro tra le opere del Museo e un nucleo di prestigiosi lavori confiscati in Lombardia e gestiti dall’Agenzia Nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati. GAMeC, nell’intento di fare della sua collezione uno strumento di coinvolgimento del pubblico utilizzando format espositivi diversi, è al secondo progetto del ciclo La Collezione Impermanente, presentato nel 2018.

Tra i più celebri artisti internazionali della seconda metà del Novecento

La raccolta confiscata e trasferita al Comune di Bergamo per volere del Segretariato Regionale del Ministero per i Beni e le Attività Culturali per la Lombardia,  si inserisce nella Collezione della GAMeC, offrendo un’occasione unica di conoscenza e approfondimento delle più importanti correnti artistiche internazionali. Quattro le sezioni tematiche, dall’Informale all’Astrazione geometrica, dal Nouveau Réalisme alla Pop Art, dal Minimalismo all’Arte Povera.

Libera dalla forma

La prima sezione riunisce una serie di dipinti e disegni di alcuni dei più importanti esponenti del Movimento Informale, insieme ad altri meno noti.  L’arte informale, nata nel secondo dopoguerra, in parallelo all’Espressionismo astratto americano, si sottrae al vincolo della forma, ricorrendo alla forza del segno e all’essenza della pura materia, come a sottolineare un’urgenza comunicativa. Opere degli anni Cinquanta e Sessanta di maestri della corrente gestuale come Wols, Mark Tobey e Georges Mathieu, nelle quali il segno fluisce in racconti calligrafici, si confrontano ai fondi a registri di colore di Hans Hartung. Di matrice prettamente materica, il prezioso Catrame (1950) di Alberto Burri e il Paesaggio a Imbersago (1957) di Ennio Morlotti, entrambi parte della Collezione GAMeC. A fare da collante tra le diverse anime dell’Informale è il sorprendente dipinto di Emilio Vedova Ciclo 61/62 N.4 (1961-62), in cui materia e gesto convivono nella originale composizione, caratterizzata dalla presenza di colori accesi e inserti a collage.

Libera dalla figurazione

La seconda sezione è dedicata all’Astrazione geometrica nelle sue forme più varie. Minimalismo e Arte Optical, sono l’espressione della radicale volontà degli artisti di emanciparsi dal vincolo della figurazione. La riduzione sempre più rigorosa di forme e colori porta Victor Vasarely all’essenzialità di moduli a doppia cromia in bianco e nero, infinitamente combinabili e variabili. Nel più recente dipinto Horizontal Brushstrokers di Sol LeWitt, invece, brevi linee oblique e ondulatorie animano il colore piatto del fondo. La percezione di movimento della superficie si trova anche in Superficie a testura vibratile (1972) di Getulio Alviani. A questi si contrappongono le sovrapposizioni di piani, di pieno e vuoto, delle opere di Remo Bianco e Paolo Scheggi, nelle estroflessioni di Enrico Castellani e Turi Simeti, in cui è la superficie stessa dell’opera a farsi elemento autonomo di espressione e significato. Per arrivare alla sempre più pura essenzialità delle creazioni scultoree di Ettore Spalletti.

Libera dallo stile

La terza sezione accoglie una selezione di opere di autori italiani riconducibili al movimento dell’Arte Povera. Nato sul finire degli anni Sessanta, il movimento non ricerca uno stile riconoscibile, comune ai diversi esponenti, ma opera attraverso l’utilizzo di materiali poveri, nel sostanziale rifiuto delle tecniche e dei supporti tradizionali. L’intento è di evocare le possibili strutture primarie del linguaggio. Le creazioni di Giulio Paolini e Luciano Fabro ne esprimono qui la componente più concettuale. Quelle di Giuseppe Penone e Pier Paolo Calzolari manifestano invece una maggiore attenzione per la sperimentazione sui materiali poveri e sulla loro interazione. Un discorso a parte merita il prezioso Delfino (1966) di Pino Pascali, opera di grande impatto scenografico recentemente acquisita dalla GAMeC, uno dei rari esemplari con testa e coda che emergono e si spezzano sulla parete.

Libera dalla rappresentazione

Se con l’Informale e l’Astrattismo l’arte si libera dalla figurazione e dalla forma, rimanendo comunque rappresentativa di qualcosa (un sentimento, una visione del mondo, un canone, un’idea…), in alcune correnti degli anni Sessanta e Settanta – come il New Dada, il Nouveau Réalisme e in parte la Pop Art – ad assumere valore artistico è l’oggetto in sé, rappresentativo esclusivamente della propria realtà intrinseca o del proprio status. All’interno di questa sezione troviamo, tra gli altri, due accumulazioni di Arman, una compressione di César e un impacchettamento di Christo, tra i primissimi della sua produzione (1963), mentre sul fronte Pop la serigrafia di Andy Warhol raffigurante Giorgio Armani (1981) trasforma l’immagine stessa in un mero oggetto di consumo.

© TravelGlobe RIPRODUZIONE RISERVATA

Info

Cosa: Libera. Tra Warhol, Vedova e Christo. La Collezione Impermanente #2.

Dove: GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo, Via San Tomaso 53.

Quando: 30 maggio – 6 gennaio 2020.

Orari: tutti i giorni dalle 10 alle 18 (ultimo ingresso 17). Chiuso il martedì

Biglietti: 5€

Info

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