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Le donne del Bauhaus: lo stile e l’anima

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Le donne del Bauhaus: lo stile e l’anima

di Olivia Bellemo | Ph di Giovanni Tagini

Il movimento del Bauhaus quest’anno compie cento anni e la Germania lo festeggia con le inaugurazioni di nuovi musei a Weimar e Dessau e con una serie di eventi e mostre anche all’estero. Ma è delle donne che si distinsero nel diffondere la cultura della scuola, che vi vogliamo raccontare.

Bauhaus: architettura, arte e design

Nel 1919 Walter Gropius fondò a Weimar lo Staatliches Bauhaus, la Scuola Statale di Costruzione, nata dall’unione dell’Accademia delle Belle Arti e della scuola di Arte Applicata. Gropius giunse alla fusione poiché sentì la necessità di sperimentare una formazione interdisciplinare per i suoi studenti, che coinvolgesse sia artisti di varie avanguardie europee per l’insegnamento della forma estetica e delle linee teoriche, sia artigiani specializzati, che trasmettessero agli studenti l’importanza della funzionalità e della pratica.

La scuola Bauhaus accolse 200 studenti di ambo i sessi, scelti dopo un’accurata selezione che sottopose i potenziali studenti a una serie di laboratori e seminari sulla lavorazione del metallo, del legno, della tipografia, della tessitura, della grafica. Gli studenti sviluppavano potenziali creativi, sperimentali e tecnologici unici che poi condividevano con i loro insegnanti.

Si trattò di una nuova visione sociologica, didattica e stilistica che pose le basi alla metodologia e al linguaggio razionalista.

Le donne del Bauhaus

Nel Manifesto del Bauhaus del 1919 Walter Gropius pose l’accento su un punto decisamente all’avanguardia per il periodo: alla nuova scuola potevano accedere anche le donne. La proposta fu accolta con grande entusiasmo da parte dell’universo femminile, al punto che il numero di iscrizioni delle donne superò quello degli uomini. Un successo significativo per delle donne, che potevano immaginare un futuro pari a quello dei colleghi uomini e che rafforzò la loro autostima, perché finalmente potevano accedere alla formazione pratica di stampo artigianale, sino ad allora riservata solo agli uomini.

La scuola era all’inizio del suo percorso, non aveva ancora una didattica definita ma ciò non scoraggiò le studentesse, anzi le rese ancora più entusiaste, perché pensavano così che tutto dipendesse da loro e dalla loro ricerca e forza di sperimentazione. Per la prima volta si sentivano libere di poter creare oggetti contemporanei dando sfogo all’immaginario, attraverso nuovi materiali, proporzioni, colori, forme pulite e funzionali. Purtroppo le loro aspirazioni si scontrarono con la cultura dominante e prevalse lo spirito del tempo che considerava la donna non adatta ad alcune attività. Così Gropius, nei primi mesi della scuola, inserì gli studenti nelle classi di scultura, pittura e intaglio, perché li considerava fisicamente portati e capaci di avere un pensiero tridimensionale, mentre indirizzò le studentesse nei laboratori di tessitura e ceramica, perché riteneva che non fossero fisicamente adatte ad alcune arti e limitate al pensiero bidimensionale

Le donne del Bauhaus ebbero un ruolo importante nel diffondere la cultura della scuola, con tempi e modalità differenti. Alcune infusero la loro grinta e voglia di fare nel lavoro e nel tempo lasciarono un segno forte nella storia del design, una traccia tangibile del loro genio. La maggior parte, pur essendo delle ottime studentesse, non riuscì a farsi conoscere nell’immediato, ma fece carriera negli anni della maturità. Infine, ci furono donne che svolsero un’attività importante nel Bauhaus ma a fianco di figure maschili forti che le resero quasi invisibili.

Gunta Stölzl si concentrò sulla tessitura creando dei pezzi a patchwork, multicolori, dalle linee ondulate. Fu così talentuosa che creò rivestimenti intrecciati per le sedie di Marcel Breuer, realizzò tappezzerie e tappeti e fu l’unica direttrice del laboratorio di tessitura dal 1926 al 1931.

Marianne Brandt nel 1924 fu accettata nel laboratorio dei metalli, coordinato dal fotografo e pittore László Moholy-Nagy, il quale, quando la vide lavorare, la prese con sé, la incoraggiò e la sostenne. Fu l’unica donna ad accedere a una disciplina considerata prettamente maschile e ben presto si distinse e raggiunse risultati straordinari superiori a quelli dei suoi compagni di laboratorio. I suoi lavori oggi sono icone del design, come la scultorea teiera d’argento e ebano dalle linee essenziali e funzionali o il posacenere simile a una semisfera di metallo. Purtroppo la chiusura del Bauhaus nel 1935 segnò la fine del suo periodo più produttivo, seguirono anni di insegnamento e progressivamente di ritiro silenzioso.

Un’altra studentessa che si distinse fu Margaretha Reichardt, detta Grete, che seguì le lezioni tenute da Paul Klee e Wassily Kandinsky, frequentò il laboratorio di tessitura con Gunta Stölzl e fu coinvolta nella realizzazione di un filo lucido particolarmente resistente e duraturo chiamato “filo di ferro”, utilizzato per coprire mobili in tubolare d’acciaio di Marcel Breuer. Nel 1933 si trasferì a Erfurt, città natale e nella sua casa organizzò un laboratorio di tessitura a mano in cui produceva tessuti, tappeti, arazzi. La sua casa è diventata un museo, a testimonianza della sua opera e del suo ingegno. Durante la lunga e prolifica vita ebbe diversi riconoscimenti. Nel ’37 un diploma onorario all’Esposizione Universale di Parigi, nel ‘39 una medaglia d’oro alla Triennale di Milano per i disegni di tessuti industriali, nel ’51 un diploma onorario per i suoi arazzi Gobelin. Dal 1970 sino alla sua morte si dedicò a preservare il patrimonio Bauhaus a Weimar e a Dessau.

Tra le studentesse che passarono inosservate durante gli anni della scuola, ma che ebbero fama e riconoscimenti in età matura, ricordiamo Lou Scheper – Berkenkamp, che creò una carriera nel disegno teatrale, nell’illustrazione e nella teoria del colore con un linguaggio artistico molto personale. All’inizio al seguito del marito, Hinnerk Scheper studente come lei, nominato nel ‘25 maestro di pittura murale a Dessau, che seguì anche in Germania e all’estero, come specialista nella progettazione del colore. Dopo la morte prematura del marito a Berlino fu chiamata come designer e responsabile del colore da Hans Scharoun per progettare gli interni della Philarmonie. Seguì numerosi progetti, nel Museo Egizio, in alcuni edifici di Walter Gropius, nell’edificio dell’aeroporto di Tegel e nella Libreria di Stato.

Ci furono infine donne “invisibili” che lavorarono e contribuirono attivamente al successo di mariti o compagni eminenti. La loro attività non fu mai considerata autonoma ma ciascuna face parte di una “coppia di produzione”, come sosteneva Klaus Theweleit. In realtà furono fondamentali nell’evoluzione e nella propagazione del Bauhaus sino ai nostri giorni. Basti pensare a Ise Gropius che nel suo diario raccontò la vita personale e quella del Bauhaus, svolgendo il ruolo di ambasciatrice, a Lucia Moholy che con i suoi scatti fotografici documentò quasi tutti gli oggetti di design della scuola di Weimar e gli edifici della scuola di Dessau elaborando uno stile fotografico personale e in linea con gli obiettivi della scuola e infine a Lilly Reich che con il suo intuito e il suo gusto combinò eleganza e funzionalità nell’allestimento d’interni di molte fiere e mostre, compagna e collaboratrice per un certo periodo di Mies van der Rohe con il quale sviluppò gli interni per il Padiglione di Barcellona e la Casa Tugendhat, tra gli esempi più importanti dell’architettura moderna, e tanti altri. E’ interessante notare che la produzione di progetti di allestimento di Mies van der Rohe siano limitati al periodo di collaborazione di Lily Reich.

Le donne del Bauhaus sono state sottovalutate per anni, lasciate in disparte o in secondo piano ma se osserviamo la foto di Lux Feininger che le ritrae all’interno dell’edificio Bauhaus di Dessau nel 1927, possiamo cogliere nel loro sguardo l’entusiasmo per quel futuro che immaginavano e che avrebbero progettato e realizzato.

Grazie al lavoro di riabilitazione condotto dagli studiosi del movimento, finalmente l’atteggiamento nei loro confronti è mutato. Iniziamo a conoscerle e a comprenderle grazie a mostre personali e retrospettive che ci rivelano la loro grandezza e l’attitudine al cambiamento che ha dato un’impronta inconfondibile al successo del movimento Bauhaus. Con questa prospettiva è uscita un’opera senza precedenti nella letteratura, Bauhaus Mädels di Patrick Rössler, professore dell’università di Erfurt, un tributo alla vita di 90 artiste e artigiane attraverso saggi e fotografie inedite.

Link: Bauhaus 100 | Germany Travel

Sfoglia il reportage di Giovanni Tagini

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