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Lazio: la gloria dei Barberini e la Roma del Bernini e del Borromini

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Lazio: la gloria dei Barberini e la Roma del Bernini e del Borromini

 di Francesca Spanò | @francynefertiti

Caput Mundi: la chiamano così la Città Eterna, Roma, quell’angolo di Italia che oltre a rappresentare la capitale del mondo è ricco di storia e passato. Nel corso dei secoli, in tale importante tratto di Penisola, furono costruiti vari monumenti, dagli edifici per le attività politiche, religiose e commerciali, alle basiliche civili, dove si svolgevano le attività giudiziarie. Nella tarda età repubblicana, nell’area del Campidoglio fu eretto il Tabularium, per accogliere le tabulae di bronzo con le leggi e gli atti ufficiali dello stato romano. Successivamente, iniziò ad avviarsi a diventare la capitale di un impero che sotto Traiano si estendeva dalla Spagna all’Asia e dall’attuale Inghilterra all’intero Nord Africa. A fine Trecento, invece, sorse il primo nucleo di quella che poi diventò la Basilica di San Pietro. Tuttavia, anche l’arte, nel tempo, l’ha fatta da padrone.

Palazzo Barberini
Palazzo Barberini

La gloria barocca dei Barberini

Pietro da Cortona, fu chiamato nel 1631 da Urbano VIII Barberini per affrescare il soffitto del palazzo di famiglia. Il lavoro fu terminato nel 1639, attraverso una grandissima opera d’arte chiamata il Trionfo della Divina Provvidenza, a celebrare lo stesso casato Barberini, che della stessa Provvidenza è strumento terreno. Quest’ultima si trova sulla parte centrale, aperta sul cielo, dove è inquadrata una finta cornice monocroma decorata con festoni e putti. A sovrastarla ci pensano Fede, Speranza e Carità che reggono una corona di alloro nella quale volano le api, simbolo degli stessi Barberini. Le Virtù sono accompagnate da Roma che regge il triregno e dalla Gloria che reca le chiavi pontificie. Ai quattro lati, infine, non mancano le allegorie del papato di Urbano VIII.

Bernini opere
Bernini opere

La Roma di Bernini e di Borromini

Gian Lorenzo Bernini, figlio di Pietro, già noto per la sua arte, si trasferì a Roma quando il padre fu chiamato da Paolo V Borghese. Questo gli permise di conoscere il cardinale fiorentino Maffeo Barberini e Urbano VIII. Quest’ultimo nel 1624 gli commissionò il Baldacchino di San Pietro. Dal 1629, divenne architetto di San Pietro, mentre preparava il Monumento funebre di Urbano VIII. Le cose cambiarono con il nuovo papa, Innocenzo X Pamphilj, che gli preferì Alessandro Algardi, Carlo Rainaldi e il rivale Borromini. Allontanatosi dal papato, realizzò capolavori come la Cappella Cornaro con l’Estasi di Santa Teresa, ma non fu un addio definitivo. Tornò in Vaticano con la creazione della Fontana dei Quattro Fiumi, in Piazza Navona. Da quel momento iniziarono nuove commesse papali, come il Ponte Sant’Angelo e il colonnato di San Pietro.

Baldacchino di San Pietro
Baldacchino di San Pietro

Nel 1619 giunse a Roma Francesco Borromini e iniziò a lavorare per Carlo Maderno, alla cupola di Sant’Andrea della Valle e alla fabbrica di San Pietro. In questo caso, collaborò con Bernini al baldacchino, ma ben presto i loro rapporti iniziarono a non essere buoni. Nel 1625 fu insignito del titolo di maestro e iniziò a lavorare a San Carlo alle Quattro Fontane, cui darà in seguito la facciata sinusoidale. Si tratta di una vera e propria opera d’arte legata al barocco. La cupola è un ovale scavato a nido d’ape con croci, esagoni, ottagoni, in una serie di linee diverse. Il suo vero capolavoro prese il via, comunque, nel 1643, con la chiesa di Sant’Ivo alla Sapienza, completato nel 1662. Fu, però, con Innocenzo X che iniziò il grande lavoro. Gli fu affidato il restauro della basilica di San Giovanni in Laterano. Il legame con il Papa, però, non durò a lungo a causa di vicende connesse alla costruzione di Sant’Agnese, dalla quale sarà esonerato nel 1657.

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Borromini Sant'Ivo alla Sapienza
Borromini Sant'Ivo alla Sapienza

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