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Living Forests No.4. Fondo acciaio. ©Marco Lanzetta Bertani

IL SILENZIO E LA SOLITUDINE DELLE FORSTEE

Foto e testi di Marco Lanzetta Bertani

Le mie opere sono finestre. Affacciate sulle foreste della madre terra. Una soglia da attraversare con la mente per sperimentare un’esperienza multisensoriale mediata dalla nostra sensibilità personale. Idealmente il mondo delle foreste è eterno, tutto spirituale, l’infinito che si prende cura di noi. Da ricreare nelle nostre case, per suscitare l’emozione e la vibrazione che la foresta ci trasmette, il vero cuore pulsante del pianeta, una essenza che si manifesta nella maniera più esplosiva, attraverso gli alberi vivi. Le opere sono volutamente destrutturate, decontestualizzate, cromaticamente astratte, non vogliono rappresentare un luogo specifico, quanto un momento, un’opportunità. Non essendo confezionate, non conducono ad un punto di arrivo prestabilito, ma sono strumento di plastica riflessione e ricongiungimento con la nostra anima.

01 Living Forests No.4. Fondo acciaio. ©Marco Lanzetta Bertani
Living Forests No.8 . Fondo acciaio. Fondo acciaio. ©Marco Lanzetta Bertani

L’uso dell’acciaio

Il mio lavoro quotidiano prevede un utilizzo sistematico dell’acciaio. Come chirurgo della mano, i materiali impiantabili, come placche e viti, sono spesso fatte di questo materiale. E’ quindi per me un metallo che conosco e che sono abituato a plasmare, piegare e lavorare. Anche per non perdere la manualità, durante i lunghi mesi di inattività dovuta al lockdown per la pandemia, ho ricreato nel mio atelier una stazione di lavoro per l’acciaio, in modo da mantenere l’abitudine a forare, lavorare, adattare, delle lastre che sono diventate il background delle mie opere fotografiche. L’acciaio ha fascino, è ostile e freddo ma si lascia lavorare se si utilizzano gli strumenti adatti. Io utilizzo il più puro, l’acciaio inox 304, il più elegante e fascinoso, che combina forza e robustezza con duttilità e delicatezza. Essendo un elemento nobile e di design, complementa in modo ottimale le mie immagini che preferisco stampare su alluminio o vetro acrilico. Questa serie di opere fa parte del progetto Living Forests che si è concretizzato nel biennio 2020-2021.

Living Forests No.27 . Fondo acciaio. ©Marco Lanzetta Bertani
Living Forests No.2. Fondo acciaio. ©Marco Lanzetta Bertani

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L’angolo prospettico

 Come microchirurgo, io non posso lavorare senza degli occhialini ingranditori o un microscopio operatorio. Sono a mio agio solo quando li indosso e posso osservare un mondo che gli altri non possono vedere, uno spaccato di immagine che viene focalizzato e portato in evidenza. Quotidianamente, da 30 anni, mi fanno ammirare nel dettaglio più piccolo anche i particolari più nascosti. Con una distanza interpupillare di 62 mm e una distanza focale di 42 cm questi obiettivi binoculari sono essenzialmente delle lenti che mi permettono di attraversare le distanze, così come un obiettivo fotografico. Il campo visivo non supera i 45-60 gradi di apertura. Ecco perchè quando passo alla macchina fotografica, mi sento bene solo quando scatto immagini con quest’angolo prospettico. Se per caso fotografo un paesaggio più ampio, in post produzione sento la necessità di ridurlo, di rientrare entro i confini che mi sono più familiari. Nel mio libro “Una mano più in là” ho cercato di descrivere in questo il mio rapporto particolare con questo strumento, che vale anche per l’obiettivo fotografico: “… i miei «occhialini», così li chiamo da sempre, sono i miei occhi da quando ho deciso di diventare un microchirurgo e chirurgo della mano. Senza di loro, i miei occhialini, loupes in francese, e anche in inglese, non avrei fatto nulla di quello che ho fatto. Fanno parte di me, un’estensione dei miei sensi, una prolunga dei miei occhi, una moltiplicazione della mia capacità visiva che mi fa assomigliare a un falco, capace di mettere a fuoco un oggetto distante con chiarezza, e poi di puntarlo per raggiungerlo precisamente nonostante l’apparente distanza.

Li amo. Ricambiato. Li indosso e mi sento a posto. Li aggiusto sul naso, un’operazione che richiede sempre il suo tempo, dei gesti così automatici che li potrei compiere anche dormendo, se volessi. Già estrarli dalla loro scatola, riposta nella tasca davanti della mia borsa, e controllare se le lenti sono pulite, anzi pulitissime, non un segno, una macchia, mi dà un senso di sicurezza. Poi vedo se la distanza interpupillare è quella giusta, e la aggiusto alla perfezione mentre mi avvicino al lavabo per sterilizzare le mani. Basta che li indossi e li posizioni, stringendo il laccio che tiene ferme le stanghette dietro la nuca, per far sì che non si muovano, o peggio cadano sul campo operatorio, e siamo un tutt’uno. Se guardo diritto davanti a me, allora entro direttamente nel tunnel dei binocoli montati al di là delle lenti neutre. Li attraverso, figurativamente parlando, con lo sguardo, ed esco, dopo quei quattro centimetri abbondanti di strada, planando su un piano piazzato a quarantadue centimetri di distanza, non un centimetro di più, non un centimetro di meno. È la distanza focale, cioè il livello dove i lineamenti dei tessuti sono perfettamente a fuoco. A quel punto si dispiega un mondo. Il mio, di mondo, un mondo che riconosco immediatamente, familiare e consueto, un microcosmo dove mi muovo a mio agio, in lungo e in largo. Ho solo bisogno di luce, per rischiararlo al massimo, luce fredda normalmente fornita ampiamente dalla lampada scialitica della sala operatoria. È tutto quello che necessito. Da lì in poi, è chirurgia, silenzio, concentrazione. Lavoro.

Living Forests No.22 . Fondo legno. ©Marco Lanzetta Bertani

Un mantra visivo

​Interagire con un’opera d’arte permette di attivare i cinque sensi, corpo e mente. Può far sentire il mondo. E questa sensazione può stimolare il pensiero, l’impegno e persino l’azione.  Creando una nuova comprensione della vita sul nostro pianeta, l’arte può essere un mezzo che sposta le consapevolezze e cambia il modo in cui percepiamo il nostro approccio alle attuali questioni ambientali. Le mie opere intendono essere un mezzo per sperimentare un percorso sensoriale che porta l’individuo al centro del suo intimo. Un semplice metaforico passo di entrata e l’individuo si ritrova nel proprio mondo interiore, libero di esplorare le vibrazioni più intime senza i vincoli dettati dal mondo esterno, e di scoprire allo stesso tempo le foreste dell’immaginario. Come durante la fase iniziale della meditazione, quando un mantra verbale viene recitato più volte fino a raggiungere il rilassamento psico-fisico, così le mie immagini agiscono da mantra visivi,  permettendo un collegamento con il magico mondo delle foreste e di conseguenza con il proprio io. Le foreste sono la magnifica rappresentazione del nostro inconscio. Già Dante Alighieri disegnò la foresta come specchio dell’anima (Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura ché la diritta via era smarrita …).

Living Forests No.21. Fondo legno. ©Marco Lanzetta Bertani

È terreno d’iniziazione, luogo dove s’incontrano l’io cosciente, avviato lungo un  cammino personale, e l’inconscio, ossia il substrato psichico comune a tutta l’umanità, dotato di vita propria. Luogo dove s’incontrano il nostro io e la nostra natura profonda, archetipica, l’anima, il sacro, l’ignoto, l’ombra. Partire deliberatamente alla scoperta della foresta interiore di ognuno, o trovarsi casualmente imbrigliati nella ramaglia dei più profondi aspetti del nostro io, corrispondono al difficile inizio di un percorso individuativo, tanto caro a Jung. Se questo percorso interiore avviene con coraggio, apertura mentale, consapevolezza e curiosità sincera, allora la foresta, reale o intima, può rivelarsi una sorgente di energia, pace e illuminazione. Il significato simbolico della foresta è strettamente connesso a quello dell’albero (della vita, del mondo, della conoscenza). Dalla nascita alla morte, l’albero non cessa di crescere e rigenerarsi sospingendo rami e foglie verso il cielo e affondando le radici nel suolo. Simboleggiando il rapporto tra terra e cielo, mondo visibile e invisibile e tra ogni forma di opposti, esso è il modello di tutta la potenzialità umana.

Bio

Marco Lanzetta Bertani è un chirurgo apolide, scrittore, sportivo e fotografo.  Nato nel nord Italia nel 1962, all’età di 5 anni rese conto di essere cittadino della terra.  Da allora, ha viaggiato molto in tutto il pianeta.  Ha vissuto in Africa, Australia, Francia, Canada e Svizzera.  Il suo lavoro medico umanitario con l’ONG GICAM lo porta regolarmente in India. Come chirurgo, è diventato famoso a livello internazionale nel 1998 quando ha eseguito il primo trapianto di mano da cadavere nella storia della medicina, seguito nel 2000 dal primo trapianto di mano bilaterale, realizzando il mito di San Cosma e Damiano.  È stato invitato in più di 25 paesi per condividere le sue conoscenze professionali nel campo della chirurgia della mano e della microchirurgia ricostruttiva. È autore di 9 libri, tra cui l’autobiografico “Una mano più in la” sulla straordinaria avventura scientifica del primo trapianto di mano in assoluto e il best seller “La dieta anti-artrosi” sul suo nuovo modo di curare l’artrite attraverso il cibo e la fitoterapia. Appassionato sportivo, nel 2017 ha vinto il Campionato Europeo X-Terra Triathlon, e si è classificato 17° al Campionato Mondiale alle Hawaii.  Corre, pedala, nuota, va in kayak, fa escursioni in montagna, nei boschi e nelle foreste. Ha sempre avuto una passione per la fotografia, come mezzo per contemplare la creazione, arrendersi alla natura e connettersi all’assoluto. All’età di 55 anni, ha sentito un irresistibile bisogno di abbracciare il silenzio e la solitudine nel tentativo di ascoltare la sua anima rompendo gli impegni con il mondo.  È un sostenitore del veganismo e non uccide nessun animale per nessun motivo da molti anni.

Esposizioni recenti  MiA Image Art Fair  

Sito dell’autore:  www.treelyne.art

 

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Living Forests No.28. Fondo legno. Fondo acciaio. ©Marco Lanzetta Bertani
Living Forests No.23. Fondo legno. Fondo acciaio. ©Marco Lanzetta Bertani

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