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Il fiasco di Chianti, icona ispiratrice

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Il fiasco di Chianti, icona ispiratrice

di Silvana Benedetti

Le origini del fiasco sembrano risalire al periodo del Rinascimento. La sua caratteristica forma panciuta si ispirava alla borraccia di acqua che i viaggiatori a cavallo portavano con sé nei loro lenti e tortuosi spostamenti in epoca medievale.

Molti capolavori artistici del periodo attestano come il fiasco fosse già allora un oggetto di uso comune: Boccaccio lo cita già nel suo Decameron, così come Lorenzo il Magnifico nei suoi carteggi. Artisti come Botticelli, Tiziano e Ghirlandaio lo hanno ritratto in un affascinante dialogo d’arte con la vita quotidiana che si è dipanato nelle trame del tempo fino all’oggi attraverso le opere di Rosai, Carracci, Carrà, Picasso, Guttuso, Lichtenstein, solo per citarne alcuni.

La storica casa vinicola Ruffino, fondata a Pontassieve nel 1877, fin dalle sue origini ha contribuito a trasformare il fiasco in un simbolo di italianità noto in tutto il mondo, utilizzandolo come contenitore principe per il vino toscano più conosciuto: il Chianti.

Dai cartelli stradali alle curve di Janine

Ancora ai nostri giorni il fiasco ispira. È storia molto recente che Clet Abraham, pittore e scultore francese attivo in Italia da più di 20 anni, conosciuto per le sue installazioni sui cartelli stradali, considerate opere d’arte, affascinato dalle linee sinuose del vetro e dalla calda trama dell’impagliatura, ha intravisto nella forma iconica del fiasco un ammiccante volto femminile che si svela nella sua ridente sensualità nell’attimo stesso in cui il vino, un profumato e fresco Chianti Superiore, viene versato nei calici.

Ed ecco che nasce una edizione speciale, limitata e numerata di 6000 esemplari del nuovo fiasco di Ruffino.

Clet ha chiamato questa sua nuova opera con il nome della sua assistente: Janine. Perché il fiasco le assomiglia nell’espressione un po’ buffa, nelle curve morbide eleganti e, curiosamente, anche nel nome: dame-Janine, una piccola damigiana.

Oggi, attraverso questa collaborazione con Clet, l’idea di Ruffino è di innovare nel solco della migliore tradizione, senza freni nostalgici ma nel sacro rispetto di ciò che ha contribuito a rendere il fiasco un portavoce di italianità e buona convivialità.

Ma perché si dice “Fare fiasco”?

Il modo di dire “fare fiasco” nasce da un fatto accaduto parecchio tempo fa in un teatro fiorentino, dove un artista famoso ogni sera si esibiva in simpatici monologhi, che condivideva con oggetti a cui si rivolgeva adoperando parole e smorfie divertenti.
Una sera però decise di esibirsi in un monologo portandosi come compagno di scena un tipico fiasco da vino; invece di divertire il pubblico però, l’artista lo annoiò così tanto che questo reagì e in cambio iniziò a fischiarlo a più non posso.
Da allora è rimasto questo modo di dire “far fiasco”, quando si deludono completamente le aspettative di qualcuno, senza rendersene conto fino al momento dei fischi o delle aspre critiche.

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