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Il cibo di strada a Palermo: tutte le specialità

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Il cibo di strada a Palermo: tutte le specialità

di Francesca Spanò

Cultura, monumenti, storia, sole e cibo. Una [b]vacanza a Palermo[/b] non può in alcun modo non comprendere tutti questi elementi e l’ultimo, inserito in coda non per minore importanza rispetto agli altri, sa raccontare molto di una città dove tra i fornelli si scrivono ogni giorno la maggior parte delle [b]tradizioni[/b]. Qualunque classifica legata allo [b]Street Food [/b]nel mondo, non può non riguardare il capoluogo siciliano, per la sua varietà e, soprattutto, per l’unicità. Si passa dalle classiche panelle fino alle stigghiola, da assaggiare comunque anche se non siete amanti di interiora. Ogni piatto mostra una serie di sfumature del passato: dalle varie colonizzazioni, alle influenze con i tanti popoli di migranti che da secoli si fermano nella Trinacria. Il risultato è un mix di squisitezze, impossibili da non assaggiare e in grado di far tornare a casa il turista con almeno tre chili in più.

L’esperienza del cibo di strada in città è da vivere, tanto che esistono dei tour a tema organizzati o da prevedere in fai da te, per scoprirne ogni peculiarità. La degustazione, ovviamente, deve riguardare gli antichi mercati, il centro storico, o taverne e rosticcerie d’epoca, perché anche il contesto ha la sua importanza. Intorno a pietanze come le panelle, la frittola, le sarde a beccafico e lo sfincione, nel tempo, si sono moltiplicate storie e leggende, che solo chi è avanti con l’età ed ha visto cambiare e crescere Palermo, sa ancora raccontare. Si tratta quasi sempre della rielaborazione di piatti nobili che vengono avvicinati alla realtà contadina e popolare.

[b]CIBO DI STRADA A PALERMO: QUALE SCEGLIERE?[/b]

Si possono valutare tre tipi di proposte diverse. Nel primo caso, parliamo di gastronomia legata al pane, con la farina lavorata in modo diverso per un risultato delizioso e con differenti farciture. Ci sono poi le “frattaglie” o interiora di animali considerate in altre città uno scarto e, infine, la tradizione del pesce tipico.

[b]DAL PANE A..[/b].

[b]Lo sfincione:[/b] è quasi come una pizza ma più alta, che viene condita con acciughe, formaggio caciocavallo a scaglie, pomodoro, cipolla e pangrattato. L’impasto è morbido e, quindi, è noto per essere piuttosto soffice. Per le strade in città, ne vendono anche delle versioni meno impegnative a livello di grandezza, il classico “sfincionello”.

[b]La “Pastella”,[/b] si prepara con una pasta di farina non troppo densa, ottenuta mischiandola con l’acqua, sale e lievito. Si usa per immergervi delle verdure (dai broccoli ai cardoni), prima di friggerle in padella.

[b]Panelle:[/b] ottenute con la farina di ceci, acqua e sale. Un piatto considerato povero ma amatissimo e tipico. Si tratta di una sorta di piccola schiacciata che si frigge.

[b]Crocchè:[/b] sono le crocchette di patate e prezzemolo che per la loro forma fallica vengono dette pure “cazzilli”.

[b]Arancine:[/b] riso condito ormai in mille modi, dove non manca lo zafferano, pomodoro, carne tritata e piselli nella versione più tipica. Si formano poi delle palline avvolte in una crosta di mollica di pane che andrà fritta.

[b]LE FRATTAGLIE[/b]

Di solito vengono condite con sale e limone e si tratta principalmente di [b]“mussu”[/b] (orecchie e muso di vitello),[b]“carcagniola” e “fruntali”[/b] (i piedi del vitello), tutti lessati. Una figura misteriosa è quella del [b]“frittolaro”[/b] che immerge la mano in un contenitore celato alla vista del cliente e riempie il panino di frattaglie varie. Si tratta di avanzi di cartilagine animale.

Tipico è il [b]pane con la milza[/b] (o meusa), una tradizione che va avanti da mille anni. In alternativa, si può sempre scegliere la più rassicurante [b]“vastedda” con la ricotta[/b]. La [b]stigghiola[/b], infine, riguarda delle interiora di vitello intrecciate con cipolla scalogno che viene cotta alla brace. Lo stesso si può dire per la ”quarume” o caldume sempre interiora di vitello, pulite con acqua e sale, tagliate a pezzi e messe a bollire in pentola.

[b]LA TRADIZIONE DEL PESCE[/b]

A [b]Palermo[/b] è dintorni c’è colui che vende per strada il polpo bollito, il cosiddetto “[b]purparu[/b]”. Intorno grandi piatti di ceramica dove vengono servite generose porzioni di pesce. Tra i frutti di mare, invece, si offrono [b]ricci, ostriche, cozze (mitili) e “muccuni”[/b], consumati a crudo con succo di limone e pepe.

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