I PITTORI DI POMPEI
Testo di Daniela Di Monaco. Foto courtesy MANN (Museo Archeologico Nazionale di Napoli)
La mostra e il progetto
Il Museo Civico Archeologico di Bologna ha messo in vetrina una mostra preziosa e raffinata nella quale a guidarci è spesso Plinio il Vecchio (I sec d.c.), scrittore, filosofo, curioso di scienza e di arte, che ha scritto anche una Storia della Pittura che ci racconta quale fosse la condizione dell’artista-pittore presso i Greci e i Romani.
Il progetto espositivo, di notevole impegno, pone al centro sotto i riflettori le figure dei pictores, gli artisti e artigiani che realizzarono le superbe decorazioni nelle case e ville di Pompei, Ercolano, Stabia e dell’area vesuviana e per contestualizzare il loro ruolo e importanza nella società del tempo, la loro condizione economica, le tecniche e ancora gli strumenti, i colori, i modelli di riferimento che utilizzavano.
E’ importante sapere che le informazioni giunte fino a noi su questi straordinari artisti sono pochissime e non esistono nomi e firme che ci consentano di riconoscerli quali autori degli affreschi. E’ già incredibile che le testimonianze pittoriche che oggi vediamo si siano conservate assai bene dopo l’eruzione del Vesuvio nel 79 d.c. e fino al Settecento, quando la campagna di scavi ad opera dei Borboni le ha riportate alla luce. Le cittadine vesuviane sono state un palcoscenico privilegiato per scoprire e conoscere sia le opere che il lavoro fatto nei laboratori degli artisti di allora.
Questo straordinario corpus di oltre 100 opere di epoca romana proviene da Napoli, dal Museo Archeologico Nazionale partenopeo nel quale è conservata la più grande pinacoteca dell’antichità al mondo.
I copisti
Naturalmente dal momento che le opere vennero scoperte e “riportate in vita” nacquero contestualmente i copisti che, tra Settecento e Ottocento in Italia e in Europa, copiavano i vari soggetti andando a stimolare la curiosità di acquirenti, antiquari ed esperti ma anche rendendo difficile distinguere gli originali dalle copie e creando particolari contaminazioni di stili e tecniche.
La pittura parietale
Le radici della pittura parietale esistevano già nel VII sec a.C. negli esempi di pittura etrusca presenti in Italia. A questi ultimi si aggiunsero i contatti con la civiltà greca e con la società macedone che diedero luogo alla nascita di modelli di decorazioni funerarie come quelli delle tombe regali ellenistiche del IV sec a.C. A Roma e nei territori contigui nasceva intanto l’esigenza di ornare l’interno delle case, le domus, con decorazioni parietali che si svilupparono in un arco di tempo che andava dalla fine del II sec a.C. fino all’anno della eruzione 79 d.C., con un susseguirsi di stili diversi codificati per la prima volta a Pompei da Augustus Mau.
Augustus Mau
Archeologo e storico tedesco (1840-1909) studiò le pitture romane di Pompei dividendole in quattro gruppi e stili, una suddivisione che venne ritenuta valida ed estesa a tutta la pittura romana anteriore alla eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Il Primo stile a incrostazione già possiede un linguaggio architettonico, ridotta policromia e pochi elementi figurativi (seconda metà III – IIsec a.C.); Secondo stile detto architettonico caratterizzato da figure di grandi proporzioni, prevale la tecnica dell’affresco e si collega a modelli ellenistici (fine II sec.a.C./inizi I sec. a.C.); Terzo stile o ornamentale (27 a.C./40 d.C.), sale al potere Augusto e cambia il gusto decorativo delle case che privilegia il fondo a tinta unita, sottili motivi ornamentali, mentre l’attenzione si focalizza sul riquadro centrale che spesso rappresenta paesaggi bucolici; Quarto stile, tra il regno di Claudio e di Nerone, si identifica con architetture fantastiche, al centro dei riquadri soggetti mitologici con richiami al teatro (40/79 d.C.), un esempio noto è quello della Domus Aurea di Nerone. L’evoluzione delle decorazioni parietali romane non si fermò con la fine di Pompei e la distruzione delle cittadine dell’area vesuviana ma continuo a svilupparsi anche nelle realtà urbane dell’impero, di cui oggi restano gli esempi delle domus di Ostia.
La società romana
Nella società di Pompei, romanizzata in quanto conquistata dai romani alla fine del III sec a.C., la pittura e l’architettura erano amate e diffuse, e Pompei, divenuta simile a Roma per le istituzioni e le decorazioni estetiche, era anche la residenza di villeggiatura del patriziato romano che fece costruire edifici come il Tempio della Fortuna Augusta. In questa società presso i Romani la pittura era stata onorata, ma con il tempo questo felice rapporto si era deteriorato e le manifestazioni d’arte pittoriche erano state relegate ai livelli più bassi della comunità indicando gli artisti negli schiavi, nelle donne e comunque in persone legate al teatro e incapaci di misurarsi con la vita politica e militare del tempo. Alcuni di questi pictores conquistarono con fatica il titolo di artisti, grazie alla qualità, originalità e raffinatezza delle loro creazioni.
Situla con barbari combattenti
Ercolano
bronzo, h 33 cm , diam. orlo 40 cm
2
MANN, Inv. 73146
II – I secolo a.C.
Perpendiculum – Filo a piombo
Pompei
Bronzo, 5 x 7 cm
MANN, inv. 76658
I secolo d.C.
Pane
Pompei
Pane carbonizzato, h cm 12; diam. 21 cm
MANN, inv. 109988
79 d.C.
Brocca per vino
ara vesuviana
bronzo, h 26 cm, diam. 30 cm
MANN, Inv. 68927
I secolo d.C.
Coppetta con pigmenti azzurri
Pompei
Pigmenti, diam. 16 cm
MANN, inv. 117338
I secolo d.C
Le opere dei pictores
La mostra offre una ampia selezione degli schemi compositivi più alla moda nei diversi periodi dell’arte romana e la ricostruzione di interi ambienti pompeiani come la Casa di Giasone e la Domus di Meleagro con i suoi straordinari affreschi con rilievi a stucco. Da un’opera all’altra e da uno stile all’altro, si susseguono scene di gruppo conviviali, immagini di paesaggi e giardini, motivi architettonici, personaggi del mito e della storia affrescati e descritti in un preciso rapporto tra spazio e decorazione, che era frutto di un comune lavoro dei pictores e dei loro committenti. Senza dimenticare che gli affreschi, spesso, volevano rappresentare un messaggio da trasmettere agli ospiti della casa. Le città sepolte sotto l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. e tornate a vivere con gli apparati decorativi perfettamente conservati in situ, ancora oggi offrono la possibilità di studiare il contesto decorativo rispetto allo spazio, gli ambienti e la loro funzione. La personalità e la figura dei pictores che lavorarono in modo anonimo in quelle domus furono fondamentali nel rapporto con il committente per tradurre in immagini e in magnifica arte i suoi pensieri e volontà.
I dettagli e la “firma”
E’ accaduto che all’interno di una stessa composizione gli esperti abbiano individuato la stessa mano dell’artista attraverso i dettagli dei volti. Il “motivo firma” o la “mano dominante” del decoratore si ritrova su parti anatomiche specifiche quali mani, occhi, nasi, bocche che lui tratta sempre nello stesso modo. Per esempio: il dito medio posto al di sopra dell’anulare tradiva, nella sua originalità, la “firma” dell’autore. Con pari interesse è stato studiato un anello sulla mano del filosofo – soggetto di un affresco – per tentare di identificare il personaggio se Aristotele o Epicuro o Teofrasto, mentre lo stesso anello è uno dei “motivi firma” del pictor in quanto ricorre in diverse figure dell’affresco stesso.
L’età augustea (Terzo Stile)
Nell’affresco parietale prevale l’uso del quadro centrale dipinto con soggetti mitologici, calati nei paesaggi, temi e racconti tratti dal mito greco e romano, storie di amori felici o drammatici, vittorie e sconfitte di eroi e dei. Lo spettatore ne è attratto ed è circondato da questi temi nella quotidianità. Questo tipo di affreschi con soggetti simili veniva riprodotto e reinterpretato da pittori diversi, segno del cambiamento del gusto. E’ il caso delle Tre Grazie, le tre divine sorelle – Aglaia, Talia, Eufrosine – di cui esisteva certamente un modello originale realizzato in età ellenistica, non si conosce il nome dell’artista, e ripreso poi nella società romana. L’anonimo maestro si è poi misurato con la grandezza dei successivi artisti che hanno ripreso questo tema, Botticelli, Raffaello, Canova per citarne solo alcuni.
Esistevano schemi decorativi precostituiti cui il pictor attingeva, perché la scelta del contenuto da inserire nei quadri era strettamente connesso con la dimensione degli ambienti e con la loro funzione. Inoltre, all’interno dei quadri è stato possibile comprendere i tratti della personalità dell’artista attraverso le varianti nel realizzare lo stesso soggetto o nella scelta degli oggetti di uso quotidiano riportati nel dipinto a seconda che gli attori fossero divinità o uomini comuni. Ecco che da queste pareti mirabilmente dipinte affioravano l’estro e le scelte di una “mano dominante-firma”.
Teatro e musica
Tra le pitture rinvenute c’è una notevole varietà di raffigurazioni di maschere e di momenti di spettacoli teatrali, temi e soggetti che di frequente ricorrono nella decorazione domestica. Tali affreschi, veri e propri documenti, raccontano anche il dietro le quinte della vita degli attori di teatro e delineano un quadro abbastanza verosimile della condizione dell’attore, gli spettacoli e i gusti del pubblico. Le maschere teatrali indossate dagli attori avevano la funzione di amplificarne la voce e consentivano allo stesso attore di interpretare più ruoli.
Gli strumenti i colori
Avere “ereditato” dalle sabbie del Vesuvio perfino gli strumenti e i colori utilizzati dagli artigiani-artisti dell’epoca ha consentito la ricostruzione di un modello socio-economico legato alla pratica della decorazione di edifici pubblici e privati. Nella mostra sono esposti squadre, livelle, compassi, fili a piombo di dimensioni diverse, che rappresentavano tutto il necessario per poter lavorare nella stessa o in più case. Sono giunti fino a noi anche alcuni colori (ocra rossa e gialla) che venivano ricavati da minerali o vegetali; spesso i vari pigmenti come il cinabro rosso (solfuro di mercurio) o la porpora (estratta dal murice, mollusco di mare) erano assai costosi e superavano la paga quotidiana di un soldato. In breve, il prezzo dei pigmenti in epoca romana poteva variare secondo la produzione e disponibilità, i costi di estrazione, il trasporto e la purezza. Plinio non arriva a elencare i costi di tutti i colori ma da quanto indicato è evidente che la commissione di un dipinto comportasse scelte economiche anche rilevanti da parte degli artisti-artigiani.
Non ci è dato sapere chi abbia affrescato la scena di un banchetto inondato dal colore giallo delle tovaglie (Casa del Triclinio) o il Vaticinio di Cassandra (Casa della grata di Ferro) o il Giudizio di Paride (Casa di Giove) e ancora, bellissime, le Tre Grazie (casa di Apollo) ma i pictores, gli artisti e gli artigiani che hanno creato tanta bellezza che miracolosamente è giunta fino a noi, sono i veri protagonisti di questo importante progetto espositivo, con il ruolo di attori fondamentali nella società del tempo e per l’importantissimo patrimonio di immagini che ci hanno lasciato.
La mostra è stata curata da Mario Grimaldi e prodotta da MondoMostre. L’esposizione è nata da un accordo di collaborazione culturale e scientifica tra il Comune di Bologna/Museo Civico Archeologico e il Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
I pittori di Pompei.
Veduta di allestimento della mostra. 23 settembre 2022 – 19 marzo 2023. Bologna, Museo Civico Archeologico. Foto Roberto Serra,
Courtesy MondoMostre
I pittori di Pompei.
Veduta di allestimento della mostra. 23 settembre 2022 – 19 marzo 2023. Bologna, Museo Civico Archeologico. Foto Roberto Serra,
Courtesy MondoMostre
I pittori di Pompei.
Veduta di allestimento della mostra. 23 settembre 2022 – 19 marzo 2023. Bologna, Museo Civico Archeologico. Foto Roberto Serra,
Courtesy MondoMostre
I pittori di Pompei.
Veduta di allestimento della mostra. 23 settembre 2022 – 19 marzo 2023. Bologna, Museo Civico Archeologico. Foto Roberto Serra,
Courtesy MondoMostre
I pittori di Pompei.
Veduta di allestimento della mostra. 23 settembre 2022 – 19 marzo 2023. Bologna, Museo Civico Archeologico. Foto Roberto Serra,
Courtesy MondoMostre
I pittori di Pompei.
Veduta di allestimento della mostra. 23 settembre 2022 – 19 marzo 2023. Bologna, Museo Civico Archeologico. Foto Roberto Serra,
Courtesy MondoMostre
Informazioni utili
Mostra: I Pittori di Pompei
Dove: Bologna, Museo Civico Archeologico. Via dell’Archiginnasio 2, 40124 Bologna
Quando: 23.09.2022 – 19.03.2023
Apertura: Tutti i giorni esclusi i martedì non festivi. Lunedì, mercoledì, giovedì e venerdì 10-19. Sabato, domenica, festivi infrasettimanali 10-20. Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura.
Biglietti: Intero open € 16, intero € 14, ridotti € 12, 10, 5
Infoline e prevendite: Tel. +39 02 91446110. mondomostre.vivaticket.it
web: ipittoridipompei.it; museibologna.it/archeologico
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