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Guido Reni a Roma. Tra Sacro e Natura

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Guido Reni a Roma. Tra Sacro e Natura

di Daniela Di Monaco | Qualcosa da leggere

Dopo più di trent’anni dall’ultima mostra monografica, torna a Roma alla Galleria Borghese Guido Reni il Sacro e la Natura (fino al 22 maggio 2022). Il volume e la mostra ci invitano a riconsiderare il periodo della primissima attività del grande artista durante il suo soggiorno romano, e offrono una riflessione sulla pittura di paesaggio e sul reale impatto che ebbe sull’arte del suo tempo. Francesca Cappelletti, curatrice della mostra e Direttrice della Galleria Borghese, sottolinea il fatto che al catalogo verranno affiancati itinerari sui luoghi romani di Guido Reni, per consentire ai visitatori di scoprire chiese e musei che conservano altre opere dell’artista.

Courtesy Galleria Borghese
Courtesy Galleria Borghese

 Gli anni di Roma

1601-1614: Guido Reni a 26 anni lascia la sua Bologna per trasferirsi a Roma dove resterà per circa quattordici anni, preceduto dalla fama di una brillante carriera in patria. E’ solo in questa grande città, non ha famiglia né amici né legami profondi con altri artisti, ma i suoi occhi sono spalancati per assorbire ogni bellezza e colmi di interesse per le novità in un contesto così ricco di idee. E’ pittore già esperto che ricerca nuove occasioni. 

Pittura di paesaggio

Sono questi gli anni di un intenso dibattito sul “naturale” e sulla possibilità di disegnare e dipingere dal vero affrontando il mondo circostante e il concetto di imitazione. Parliamo di pittura di paesaggio considerata una specializzazione degli artisti del nord Europa, ma che agli albori del Seicento è terreno di nuova sperimentazione per tutti i pittori.

Committenti e promotori

Al servizio di due grandi promotori e committenti di questo genere, i cardinali Aldobrandini e Farnese, artisti come Annibale Carracci e i suoi collaboratori Viola e Bonzi, Domenichino e Francesco Albani si cimentano tutti sui soggetti campestri.

Courtesy Galleria Borghese
Courtesy Galleria Borghese

Paul Bril

Guido, senza mai entrare nella scuderia dei Carracci, muove i suoi primi passi dentro la pittura di “paesi” e frequenta il fiammingo Paul Bril, romano di adozione e grande nome nella esplorazione di questo genere pittorico. Di lui si conserva alla Galleria Borghese un esempio del genere “Veduta di porto” e alcune altre opere dove il paesaggio del nord si incontra con quelli di tradizione italiana.

“Danza Campestre” la storia del quadro

La mostra ruota attorno al ritrovato dipinto di Guido Reni “Danza Campestre” (1605) che dopo varie vicissitudini – originariamente nella collezione di Scipione Borghese che amava molto Guido Reni, venne venduto nell’Ottocento e successivamente disperso, è ricomparso nel 2008 sul mercato antiquario londinese come anonimo bolognese – è stato riacquistato, fatte le opportune verifiche, dalla Galleria nel 2020.

Il rapporto tra Reni e il paesaggio

Se è importante il ritorno dell’opera nel patrimonio storico del museo, lo è altrettanto la riflessione sul rapporto tra Guido Reni e il paesaggio e il soggetto campestre. Un genere ritenuto finora estraneo all’artista bolognese ma che ha esiti sorprendenti. Questa “Danza Campestre” – da notare anche la dimensione relativamente piccola della tela – è una singolare scena di ballo tra contadini e signori ambientata in una radura, accanto a un ruscello, sotto le montagne. Dame e villani, riuniti in un cerchio, si distinguono dagli abiti, e appaiono pronti al ballo in attesa della musica del liuto e della viola. L’atmosfera è serena e anche il paesaggio è dolce e si muove tra una collina e una vallata che in prospettiva si inoltra verso il mare. In alto a destra sul quadro, un inatteso divertimento dell’artista, ecco si stagliano due mosche a grandezza naturale. Sono così vere che chi le nota ha voglia di alzare una mano per scacciarle! Un gioco, un inganno, che può solo riconfermare la grande arte del pittore.

Courtesy Galleria Borghese
Courtesy Galleria Borghese

Altri artisti

Nella Pinacoteca della Galleria Borghese attorno al rientro di “Danza campestre” di Reni ruota l’esposizione di altri maestri, colleghi e amici che condivisero con Reni quegli anni giovanili e che praticavano questo genere pittorico nel primo decennio del Seicento a Roma: Agostino Carracci con Festa campestre, due paesaggi con storie mitologiche di Carlo Saraceni, Paul Bril e il suo Paesaggio con Arianna abbandonata, non mancano Francesco Albani e il Domenichino.

I temi del confronto

Ma il “divino” Guido è personaggio aperto agli stimoli che la città offre e impone e nel corso della sua permanenza a Roma, città di incontri e sfide, si dovrà confrontare con tre temi: il realismo potente e drammatico di Caravaggio, il naturalismo di Raffaello e l’antichità sotto forma di monete e statue. Tutto questo che Guido assorbe e studia, che lo colpisce e stupisce, ha un esito e si ritrova nelle opere qui esposte: la conoscenza dell’antico e del Rinascimento, la profonda conoscenza dei quadri di Caravaggio, l’attrazione per la scultura.

Il percorso della mostra

Nel percorso della mostra, nel Salone d’ingresso, prende posto la risposta di Guido alla pittura sacra e alle pale d’altare con figure gigantesche e potenti, tra martirii e assunzioni, Santa Caterina e Santa Cecilia sono figure solenni e perfette.  Nelle sale seguenti la Crocifissione di San Pietro e Davide con la testa di Golia segnano momenti di profondo e serrato confronto con Caravaggio nei drammatici chiaroscuri, un confronto che va continuamente in scena da una sala all’altra, così come altre opere di Guido San Paolo rimprovera San Pietro penitente, Lot e le figlie, Atalanta e Ippomene indicano chiaramente la sua forte attrazione per la scultura nella posizione dei corpi nello spazio, la concretezza tridimensionale dei gesti, le espressioni dei volti carichi di emozione.

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Un breve commento su due quadri particolari, hanno in comune solo la monumentalità.

La strage degli Innocenti (1611)

E’ una citazione dall’antico, Niobe e i suoi figli. Reni ha voluto caratterizzare i volti delle madri e dei bambini escludendo gli assassini dal contesto emotivo, lasciando ombra sui loro volti e luce sulle braccia e sulle mani per sottolineare la brutalità della scena. C’è una precisa ripartizione dello spazio. La parte alta dove i putti offrono la palma del martirio alle madri e la parte bassa dove si vede una geometria compositiva con due triangoli opposti che contengono le figure che hanno una presenza potente, dinamica e dove ogni movimento esprime emozione. Al centro il pittore lascia uno spazio vuoto occupato dal pugnale che sta per colpire. Il pugnale esprime tutta la tensione e rappresenta quasi una lancetta del tempo, tutto si ferma mentre il pugnale sta per colpire.

Atalanta e Ippomene

Guido Reni ha dipinto due versioni di questa opera a pochi anni di distanza. Una a Napoli ed è questa in mostra attualmente e l’altra, su commissione dell’ambasciatore spagnolo, si trova al Prado di Madrid. Assai lontano da Caravaggio, questo quadro è una astrazione, è rarefatto, la natura è assente, il paesaggio è scuro e l’atmosfera è ferma e priva di qualsiasi rumore salvo il vento che muove i panni di entrambe le figure. Atalanta sfida i suoi pretendenti in una corsa e vuole vincere per non accettarne nessuno e non sposarsi. Ippomene con uno stratagemma suggerito da Afrodite, lascia cadere i tre pomi d’oro e Atalanta si distrae nel raccoglierli e Ippomene vince la gara. Geniale la suddivisione dello spazio, al centro le loro gambe si incrociano verso l’interno, un moto veloce, il piede appena appoggiato a terra, mentre le due figure si muovono verso l’esterno. Di fronte al quadro il gruppo statuario Il Ratto di Proserpina il cui mantello segue lo stesso movimento dei panni di Atalanta. Siamo nel 1620 circa e Guido Reni è ormai diventato Guido, il grande artista conosciuto e richiesto a livello internazionale.

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DOVE: Galleria Borghese. Piazzale Scipione Borghese 5, 00197 Roma, Italia. Tel. +39 0667233753.

QUANDO: fino al 22/5/2022 

ORARI: 9-19. Chiuso il lunedì

BIGLIETTI  15 (10) €. Visita guidata 23 €

INFO 

 

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