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GLI ULTIMI CARBONAI DI SERRA SAN BRUNO

Testo e foto di Marina Labagnara

Nei boschi di larici e lecci di Serra San Bruno, un piccolo Comune nell’interno della Calabria, famoso per la sua Certosa, sono rimaste poche famiglie di carbonai che producono il carbone vegetale, un’antica “arte” fenicia tramandata di padre in figlio, e oramai quasi estinta.

Il lavoro del carbonaio

Il lavoro del Carbonaio è senza sosta e senza cognizione temporale tanto da richiedere la turnazione notturna, ed è per questo che è coinvolta tutta la famiglia.
Si sceglie la legna migliore e si costruiscono strutture che sembrano piccoli vulcani: gli “Scarazzi”, all’interno dei quali la legna cuoce.

Un processo lungo

Si tratta di un lungo processo che dura anche un mese: una pila di tronchi di spessore largo formano una canna fumaria al centro e via via si aggiungono pezzi di legna sempre più sottili fino a completare la costruzione semisferica che si ricoprirà di terra umida, dal foro in alto si inserisce la legna dentro la caldaia e si accende il fuoco, il legno brucia e il fumo e il calore fanno diventare carbone i legni che circondano la caldaia.

La caldaia va accudita

La caldaia va alimentata a intervalli regolari, perché se il fuoco si spegne o diventa troppo forte, si distrugge tutto il lavoro.
Finita la cottura il covone verrà dissotterrato e il carbone confezionato in sacchi di iuta pronto per la distribuzione.
Il carbone una volta era destinato soprattutto al riscaldamento, oggi viene utilizzato solo per la ristorazione.

Legati alla terra

Una mattina all’alba nei boschi in una piana dove ci sono diversi scarazzi, incontro e conosco due fratelli e Cosimo figlio di uno dei due; Cosimo è un giovane ragazzo diplomato, sorridendo mi dice che ama questo lavoro così come l’odore del fumo che rimane addosso; per lui non è un sacrificio rinunciare ad uscire il sabato sera o fare le vacanze come gli altri ragazzi della sua età, non intende allontanarsi dalla sua terra. Il rapporto che si crea tra il carbonaio e la terra è un rapporto quasi ancestrale.

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Marina Labagnara

Appassionata di viaggi da sempre, mi sono avvicinata alla fotografia da oltre una decina d’anni… e da lì il mio viaggio è cambiato. La fotografia mi ha insegnato ad andare oltre lo sguardo: ho imparato a soffermarmi ed a rendermi conto di ciò che mi circonda al fine di conoscerlo meglio, ed acquisire consapevolezza ed infine mi ha spinto a cercare altro. All’inizio la fotografia era il piacere di condividere delle belle immagini e poi è nato il bisogno di crescere e di riuscire a narrare delle storie esprimendomi in modo personale. Ho avuto la fortuna di incontrare nel mio seppur breve percorso fotografico molti maestri, ognuno dei quali mi ha donato un po’ di consapevolezza; ognuno mi indicato possibili percorsi e strumenti per affrontarli. Ho ancora molta strada da fare e tanta voglia di imparare. Ho partecipato a diverse collettive alcune delle quali presso “La Casa Museo Tadini; a Cracovia in occasione dell’ URBAN SUMMER 2019 è stata esposta una mia foto.  Nel 2021 ho vinto con ”I Carbonai di Serra San Bruno” il Trofeo Carpe Diem, questo lavoro e “La Pesca a Nungwi” sono stati pubblicati sulla rivista Agorà di Cult  (la piazza virtuale a cura del Dipartimento Cultura FIAF).

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