Cerca
Close this search box.
Senza Tetto ai tempi del Covid, per le strade di Milano

DatA

Senza Tetto ai tempi del Covid, per le strade di Milano

di Micaela Zucconi | Foto di Bruno Zanzottera

Cominciamo con un dato incoraggiante. Nonostante le condizioni sfavorevoli, l’epidemia di Covid-19 ha soltanto sfiorato i quasi quattromila senzatetto di Milano. Si sono registrati pochi casi, alcuni ricoverati in ospedale, altri all’Hotel Michelangelo e in uno stabile del Comune in via Carbonia. I senza fissa dimora sono comunque tra i più provati dall’epidemia. A causa dell’emergenza e delle restrizioni messe in atto per contenere i contagi, sono venuti meno servizi essenziali come docce pubbliche (ora aperte quelle di Baggio) e mense. Persino ricaricare il cellulare è diventato difficile, aumentando di conseguenza il loro isolamento. La chiusura di bar e ristoranti, che in qualche modo erano sempre una fonte di approvvigionamenti, ha peggiorato ulteriormente la situazione. I centri di accoglienza in questo periodo sono eccezionalmente aperti anche di giorno (normalmente accolgono i senza tetto solo di notte, per un totale di 2.700 posti letto), con l’intento di trattenerli per quanto possibile, ma con un aggravio di incombenze diurne. Casa Jannacci, il centro di accoglienza più grande d’Europa, ne ospita in tempi normali 500. Ora ha ampliato la capienza con la tensostruttura del Centro Sportivo Saini di Milano Sport e con la struttura privata di Scalo Romana. I riders rimasti senza casa sono stati riuniti a Villa Pizzone.

Restano però in strada circa 500/600 persone. In parte per esaurimento della capienza ricettiva, in parte perché preferiscono non andare nei rifugi per motivi diversi (alcuni temono di venir derubati dei documenti e del permesso di soggiorno, altri perché preferiscono semplicemente restare fuori; non sono persone molto sociali e hanno spesso problemi di alcolismo).

Ancora più necessaria dunque l’attività delle associazioni di volontariato, che operano sul territorio in modo da coprire ogni sera, tutte le zone della città, con il coordinamento del Comune di Milano che ha anche organizzato una serie di incontri per standardizzare gli interventi, dando indicazioni per la sicurezza dei volontari e sulle modalità di approccio. “Per non abbandonarli a se stessi, per monitorarne le condizioni di salute e per far fronte alle necessità di base, nel capoluogo lombardo si prodigano circa 17 tra associazioni, onlus e fondazioni. Tra le più strutturate la Caritas e la Crocerossa, che mette a disposizione un numero telefonico per segnalazioni (tel. 02 88447646)”, spiega Vittorio Riva, presidente di SOS Milano, e attivo anche nell’ANPAS (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze). Già pienamente operativi per il cosiddetto “Piano Freddo” del periodo invernale, i volontari “armati” di tutte le precauzioni del caso e con i dispositivi sanitari adeguati, stanno proseguendo con ulteriore impegno il loro operato. “SOS Milano è in pista da cinque anni. Siamo attivi su strada in particolare nella zona Nord. Una porzione molto estesa della città, frequentata da un numero consistente di senzatetto, soprattutto uomini, cui si aggiungono gruppi di Rom. Le donne sono una minoranza, perché comunque per loro sono previsti percorsi privilegiati”, racconta Vittorio Riva. “Le nostre unità di strada si muovono con equipaggi di due o tre persone, come richiesto dal Comune per mantenere un distanziamento tra i componenti degli equipaggi. Sono una ventina in tutto ed escono due volte a settimana. Di solito un uomo e due donne. Abbiamo una forte presenza femminile”.

Abbiamo una forte presenza femminile. Le volontarie sono molto affidabili e persistenti e sono aumentate nel corso dell’ultimo Piano Freddo.

Chiara è una delle più assidue, anche se è entrata in servizio proprio lo scorso marzo, dopo aver ricevuto una formazione veloce di pronto soccorso, per sapere anche cosa non fare e come relazionarsi con il 118. “Avevo osservato il fenomeno e non volevo più essere unicamente una spettatrice. Sono arrivata proprio nel momento dell’emergenza. I nostri interventi sono utili per portare un conforto materiale, ma anche psicologico, indispensabile per alleviare l’isolamento”, spiega Chiara. “Si tratta di persone che hanno vaghe informazioni, all’oscuro di ciò che succede. Il nostro approccio è professionale, si cerca di valutare la situazione. Forniamo mascherine, guanti e disinfettante, oltre a tè caldo e pasti confezionati. Misuriamo la febbre e chiacchieriamo con chi ne ha voglia, e in caso rispettiamo la loro riservatezza”. Magda Baietta, presidente e fondatrice di Ronda della Carità, spiega come la loro associazione sia attiva dal 1998 con vari tipi di servizi. In questo periodo, le unità mobili notturne escono distribuendo dispositivi sanitari, misurando la febbre, segnalando i casi sospetti e distribuendo generi di conforto, anche una pasta calda, fornita da un ristorante. Una task force di 110 persone che copre le zone di Centro Est e Ovest. “Lasciamo i nostri numeri telefonici e diamo informazioni sui servizi diurni per cibo, docce, guardaroba. Su segnalazione usciamo anche di giorno. In tempi normali seguiamo progetti specifici, proponendo percorsi educativi e aiutando a cercare un lavoro le singole persone. In questo periodo portiamo pacchi viveri a circa 70 famiglie in difficoltà economiche. L’aiuto non è solo materiale, è un fatto di relazione”, racconta Magda Baietta.

Per il nostro banco alimentare abbiamo bisogno soprattutto di pasta, riso, legumi e carne in scatola.

Molto strutturata la Fondazione Progetto Arca, presente in tutta Italia. A Milano mette in campo circa 130 volontari impegnati nelle unità di strada e un’infermiera, fornendo presidi sanitari e kit igienici (salviette, biancheria). Oltre all’attività esterna Arca aiuta famiglie indigenti, anziani, minori in difficoltà, i richiedenti asilo e in generale tutti coloro che si trovano in uno stato di necessità materiale o morale. Anche il Corpo Italiano di Soccorso Ordine di Malta (CISOM) è attivo sul terreno (anche in altre città d’Italia) con unità di strada. Come le altre associazioni per rispettare le misure di sicurezza anche tra gli equipaggi, ha ridotto ciascun team, ora composto da un medico e due volontari. “Abbiamo un vero e proprio piccolo ospedale mobile. In tempi normali portiamo sul terreno a rotazione degli specialisti. Tra l’altro il Cisom è impegnato a Civitanova nell’organizzazione di un nuovo ospedale Covid, che sarà pronto tra un paio di settimane”, racconta Gabriele Tosi, responsabile Nazionale Marketing e Brand Communication.

Il fronte del volontariato si apre anche ad altri servizi. Così per esempio Antonella, della leva Antivivisezione di Milano, un cane e due gatti a casa, si presta come dog sitter per chi non può portare a spasso il proprio quattro zampe. “Ci siamo resi disponibili in 15 per aiutare chi ha animali ed è malato a casa o in quarantena o è stato ricoverato. Per due settimane ho portato fuori il cane di una giovane signora malata di Covid, ora affidato a un suo amico. Siamo molto ligi alle regole di sicurezza, come passare una salvietta con clorexidrina sul pelo del cane e usare i nostri guinzagli, senza avere contatti con le persone. Ora prenderò in stallo un cagnolino di piccola taglia. Interveniamo anche in caso di necessità quando ci sono persone che avendo perso il lavoro non possono sostenere le spese veterinarie. E sono sempre di più. La LAV sta cercando, a livello nazionale, di stipulare convenzioni con ambulatori veterinari disposti a fare sconti dal 10 al 20 per cento (un servizio però riservato ai soci. La quota associativa è di 30 euro all’anno).

Con la bella stagione la missione dei volontari non terminerà. Si stanno attendendo le indicazioni del Comune per continuare l’opera di assistenza. Per i cittadini in difficoltà (anziani, disabili, in disagio economico) c’è anche Milano Aiuta (tel. 02 0202, tasto 0) con una rete di aiuti e servizi.

© TravelGlobe RIPRODUZIONE RISERVATA

Sfoglia il reportage completo sui volontari

POTREBBE INTERESSARTI

Articoli
Correlati