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Parma Mon Amour: un incanto da spiare e immaginare

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Parma Mon Amour: un incanto da spiare e immaginare

di Raffaele Alessi

Gennaio inaugura Parma capitale della cultura italiana 2020. Qui dovevamo esserci in quei primi giorni del nuovo anno. A testimoniare la sua bellezza che buca la nebbia e inseguire quella signora in giallo che attraversa le strade lunghe e dritte di questo mondo piccolo, come quello raccontato da Guareschi. Entrare insieme a lei, che ora sale sui palchi del Teatro Regio e sembra danzare le arie di Verdi. Vivere i moti d’animo e i dolci intenerimenti dei personaggi della “Certosa” di Stendhal.

Un incanto che potremmo spiare e immaginare con l’occhio appoggiato su quel foro che ha la forma di una P nera ideata come logo di Parma 2020. Una serratura di un portale antico attraverso cui vedere tutti i colori e le forme di quella città bella ed emiliana, che è anche città creativa Unesco della gastronomia.

In questa landa nebbiosa hanno origine prodotti che identificano l’eccellenza italiana nel mondo, come il Parmigiano Reggiano, il Prosciutto di Parma e il Culatello di Zibello.

Gennaio le ha dedicato tre giorni di inaugurazione con un ricchissimo programma di eventi tra mostre, concerti e performance teatrali che proseguiranno nei mesi successivi e impegneranno un anno intero.

Parma ha un nome “compatto, liscio, color malva e morbido”, dice Marcel Proust che vorrebbe visitarla più di qualsiasi altra città dopo aver letto la Certosa di Stendhal. Eppure il suo toponimo sembra ispirarsi alla “parmula ” lo scudo romano, duro e rotondo, riprodotto anche sullo stemma della città. Uno scudo ricoperto d’oro come l’oro sul rame dell’”Angiolen dal Dom”, l’arcangelo Raffaele che sta in cima al campanile del Duomo. Un fulmine l’ha colpito nella croce che tiene in mano, ma rimane ancora lassù a proteggere con le sue ali dispiegate la città:

…Mi an son che ’n angiol ’d ram e sensa cor,

epur a pregh, a fagh tutt coll ch’as pöl

par tgnir lontàn da ti tutt i dolor!…

– Alfredo Zerbini “L’Angiol dal Dom” –

Parma è anche il nome del torrente che l’attraversa e divide il suo centro, prima di tuffarsi nel Po. Dovremmo forse immergerci anche noi in quel fiume per attraversare il tempo e nello scorrere dell’acqua percepire la durata in cui tutte le dissonanze si compongono. Non è un caso che proprio il tempo sia al centro della Time Machine, la mostra-evento che si terrà fino al prossimo maggio presso il Palazzo del Governatore. L’obiettivo è quello di osservare da vicino il flusso del tempo e provare a manipolare quella dimensione e cogliere forme e direzioni altrimenti non percepibili.

La cultura, con gli strumenti dei media e della cinematografia, ci aiuta a “battere il tempo”, a superare le barriere storiche e quelle geografiche, ad attraversare e comprendere le diverse dimensioni temporali e sociali con processi di condivisione e di crescita. Qui abbiamo l’occasione di vivere un’esperienza dei luoghi su orizzonti temporali diversi come ci mostrano i reperti paleocristiani, le ceramiche altomedioevali del Museo Diocesiano distribuiti lungo un percorso cronologico, che intravede, su un piano inferiore anche un tratto  delle antiche mura romane.

Cosi anche quando percorriamo queste strade non possiamo non accorgerci delle vestigia ereditate dal passato e delle fisionomie contrastanti della città più moderna, con una visione che fonde memoria e attualità.

Qui intorno le due facce di Parma, quella dell’arte religiosa e quella dell’impegno civile. La storia di Parma è lunga è importante. Fondata dai romani nel 183 a.C come sua colonia lungo la via Aemilia per congiungere Rimini a Piacenza. Julia negli anni fiorenti dell’Impero divenne poi Chrysopolis (città d’oro) sotto i Bizantini, forse perché sede di una zecca. Nel Medioevo fu teatro di faide tra le diverse casate e gli interessi particolari dei governi francesi e pontifici. Fu capitale del Ducato sotto PierLuigi Farnese con l’edificazione del Palazzo Ducale e del Palazzo della Pilotta. Con il passaggio ai Borbone (1748) furono realizzate la Biblioteca Palatina, la Stamperia Reale e l’Orto Botanico. A Maria Luigia d’Austria, la “buona duchessa” che acquisì Parma dopo Congresso di Vienna (1845) si devono invece la costruzione del Teatro Regio e interventi sull’assetto urbanistico. Nel novecento è epicentro delle lotte sociali e si afferma come polo dell’industria alimentare. Ecco spiegato perché oggi è Città creativa Unesco per la gastronomia e Capitale della Cultura italiana, per il suo ricco patrimonio storico e artistico.

Non solo la dimensione del tempo, ma anche lo spazio costringe a punti di vista ogni volta diversi.

L’occhio e il passo possono darci emozioni ed essere fonti di ispirazione ad ogni angolo. Quando ci avviciniamo a piedi si alzano i profili verticali dei due campanili gemelli (le torri dei Paolotti) e quelli del Duomo e di San Giovanni Evangelista, dove si può salire in cima ai suoi 75 metri ed avere un originale punto di osservazione della città. Un luogo alto dove con l’occhio poter spaziare in tutte le direzioni e dimenticare il presente, vincere il tempo. Lontani “mille leghe dalle piccinerie e cattiverie che laggiù ci affliggono”. Una volta, si poteva salire ancora più in alto, quando nei pressi dell’antico palazzo del Capitano del Popolo sorgeva  la Torre più alta d’Italia che, con i suoi 130 metri di altezza, rappresentava il vanto della città. Dopo il suo crollo, dovuto al notevole peso e alla accentuata pendenza della struttura, fu solo ricostruito l’antico palazzo che l’affiancava, oggi sede del Comune.

Quando si ritorna quaggiù su queste stradine colorate, ci si orienta con i profili verticali delle sue torri, senza fretta. Entrare nelle chiese e nel  battistero che custodiscono importanti opere di Correggio e Parmigianino, visitare i parchi e le rocche che svettano nei dintorni della città. Con il tempo di un anno almeno come questo dedicato interamente a lei. Si può andare ad ovest, nella città ““oltretorrente”, costruita più  di recente lungo la via Emilia e dove anche proseguiva il viaggio dei pellegrini verso Roma e il passo della Cisa.

Alla scoperta dei borghi e i Castelli del Ducato di Parma e Piacenza

Come il Castello di Torrechiara, uno dei più spettacolari, dove il condottiero Pier Maria nasconde e abbraccia Bianca, la cui effige è ritratta con vesti di pellegrina nella volta a crociera della Camera d’oro decorata da Benedetto Bembo. Ci si può arrivare con una sosta alla Rocca di Sala Baganza che si trova sulle primissime colline dell’Appennino, vicino al corso d’acqua Baganza. Nelle sale della Rocca ci sono affreschi, sculture e decorazioni rinascimentali, con un Museo del Vino, allestito nelle suggestive cantine. Fuori campi e giardini curati.

Un’esperienza sensoriale straordinaria vissuta in un percorso tra la storia, la bellezza dell’arte e la bontà del vino. In una terra di acqua e nebbia che sale dalle vigne intorno, dove il salume invecchia prezioso come oro e il suo profumo ci avvolge morbido come schiuma di lambrusco nella tazza. Un gusto dolce che non può non  intenerire anche l’animo e fare più lento il nostro passo. Dare più tempo al nostro occhio di guardare l’arte e con gesti di tenerezza e di cura abbracciare  quelle meraviglie intorno, forte, fino a farle entrare nel cuore.

Qui tra i Castelli del Ducato viene voglia di ritrovare l’arte di andare a caccia della felicità, vivere di bellezza e nutrire con essa la nostra immaginazione per rendere più intensa e duratura la gioia.

Da Vedere

Time Machine – Vedere e sperimentare il tempo: fino al 30.05 – Palazzo del Governatore.
Parma è la Gazzetta. Cronaca, cultura, spettacoli, sport: 285 anni di giornalismo: fino al 15 marzo – Palazzo Pigorini.
Noi, il cibo, il nostro pianeta: fino al 13 aprile. Galleria San Ludovico

Da leggere

Mondo piccolo. Don Camillo di Giovannino Guareschi
La Certosa di Parma di Sthendal

Dove dormire e mangiare

La Cortaccia San Vitale  e Les Caves entrambi a Sala Baganza (PR)

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