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Lavorare viaggiando? Si può. La storia di Luca De Giglio

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Lavorare viaggiando? Si può. La storia di Luca De Giglio

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di Devis Bellucci | @devisbellucci

Per il web è semplicemente Tripluca. All’anagrafe, Luca De Giglio, veneto, classe 1971. Tanti viaggiatori lo considerano un punto di riferimento, ma lo è soprattutto per chi sogna di partire senza tornare mai. Diciamocelo, succede a tutti di immaginare una vita da globetrotter: un mesetto qui, un’improvvisata là, orizzonti infiniti e magari ci si innamora pure di qualcuno, così il viaggio procede in due. Il problema è sempre come campare. È possibile lavorare viaggiando? Luca ce l’ha fatta, grazie a internet. Adesso ha una ditta che gestisce le prenotazioni di appartamenti turistici. Il percorso che l’ha portato sino a qui inizia più o meno 15 anni fa, quando il nostro eroe stava già cercando un modo per lavorare solo online e viaggiare senza limiti. Si ricordò allora che nella stazione centrale di Praga c’erano spesso delle persone che offrivano appartamenti per brevi soggiorni. La domanda sorse spontanea: chissà se queste persone vorrebbero ricevere dei clienti da internet? Per saperlo Luca andò alla stazione di Praga, fece la propria indagine e iniziò a lavorare viaggiando. Ma andiamo con ordine.

D – Che cosa ti ha portato a scegliere una vita da viaggiatore?

R – Negli anni Novanta ho lavorato come cameriere e receptionist a Londra, Parigi, Monaco di Baviera e in Spagna, poi ho vissuto in Polonia. Arriviamo quindi al 2000: da due anni ero un commerciale estero, che si sentiva in una pausa stabile della propria vita. Lasciai per un po’ il lavoro con l’idea di vagabondare in Australia. Dopo un anno, finiti i soldi, tornai a casa. Non potevo pensare di ricadere nella solita routine, quindi cominciai a cercare il modo di guadagnare viaggiando. Avevo solo un computer come capitale, che però andava benissimo per prenotare appartamenti ai turisti. Trovai i primi proprietari interessati alla stazione di Praga. In breve c’era pronto un sito, le prenotazioni arrivavano e così i primi soldini con le commissioni. Da lì non mi sono più fermato. Ho scritto anche un paio di libri che vendo online: La Lunga Estate, ossia i miei diari di viaggio dal 2000 al 2005, e soprattutto il Tripmanuale, un manuale di viaggi disorganizzati e indipendenti.

D – Quanto lavori, quanto guadagni e dove sei adesso?

R – Al momento sono a Sofia con mia moglie e la mia bambina. È solo una base, però: presto saremo in Thailandia per tre mesi, poi un paio di mesi in Italia, poi si vedrà. Ho una mia attività per cui non so mai quanto guadagno, ma diciamo che basta per vivere come piace a me. Al momento credo di lavorare ancora 8 ore al giorno, ma sono in una fase di razionalizzazione con una maggiore enfasi nel delegare. L’obiettivo, infatti, è trovare quel mitico critical inch, cioè fare solo le cose che solo io so fare, delegando il resto, per poter dare il massimo e non perdermi in task di basso livello.

D – Sul tuo sito scrivi una frase molto bella: “A fare come me ci vuole coraggio, forse incoscienza, ma penso che l’incoscienza vera sia quella di chi, per paura, non vive appieno la propria vita”. Mi chiedevo in che termini, oggi, continui a essere incosciente per vivere in pienezza la tua vita.

R – Nell’insistere a non rinunciare alla libertà di movimento. Tutto porta verso una situazione di stabilità, per potersi sentire sicuri. Muovermi come faccio costa tempo e soldi. Li potrei mettere via, ma non ci riesco. Negli ultimi anni è stata dura: ho fatto una vita relativamente stabile, senza i risultati economici che speravo. Adesso le cose vanno meglio e ne voglio approfittare, lavorando in maniera più ottimizzata, quindi meno.

D – In passato sognavi di aprire un Tripcenter: una casa da condividere con altri viaggiatori, gente che parla la stessa lingua. Qual è la lingua dei viaggiatori?

R – Ti faccio alcune traduzioni dall’Italiano alla lingua dei viaggiatori.
Italia = Un paese piccolo in un mondo immenso.
Vado a fare un giro = Vado sei mesi in Sud America.
Euro = Una moneta forte.
Casa = Una base.

D- Hai speso metà della vita in viaggio. Dov’è che il mondo ti ha regalato la grande bellezza? Quella di cui non ti capaciti e che ti trasforma?

R – Viaggiare in luoghi belli, diciamo da cartolina, stanca subito. Ti faccio un esempio: vedi una foto di Machu Picchu e inizi a sognare di andarci, convinto che non appena arrivi in quell’esatta posizione, sarà un momento di gioia. Solo che quando ci arrivi magari sei stanco, hai litigato con la morosa e devi andare in bagno, ma non ci sono bagni. Così guardi Machu Picchu tenendoti la pancia. I momenti migliori nel viaggio, quelli che ti ripagano della fatica, arrivano sempre di nascosto. Ad esempio, salendo su un autobus e ammirando la periferia di Buenos Aires che pian piano si dirada, e inizi a immaginare gli spazi aperti della Patagonia che arriveranno dopo molte ore. Prima ancora di vederli, ti senti già in estasi. Quindi vai pure verso Machu Picchu, ma non lo caricare in anticipo della responsabilità di renderti felice: prendilo come meta sapendo che quello che cerchi arriverà prima, o dopo. L’unica cosa da fare è partire, al resto ci pensa il viaggio.

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