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Lago Maggiore: ispirazioni per un week-end a Laveno-Mombello

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Lago Maggiore: ispirazioni per un week-end a Laveno-Mombello

di Federica Giuliani | @traveltotaste

Il Lago Maggiore riesce a farsi apprezzare anche da chi, come me, non ama i grandi laghi. Le sue sponde spesso vicine creano uno scenario intimo che, con le sue ville, i giardini e i borghi, offrono un luogo di eleganza e relax.

Nel Settecento era la meta di villeggiatura preferita dalle grandi famiglie della nobiltà lombarda, come i Visconti, che vi costruirono sontuose dimore. Ma furono i Borromeo, casato di origini fiorentine, che impreziosirono ulteriormente l’ambiente arricchendo le ville con elaborati giardini. Ne sono uno splendido esempio l’Isola Bella, l’isola Madre e gli scogli conosciuti come Castelli di Cannero, di cui sono tutt’oggi proprietari.

È dall’altra sponda, però, di cui voglio raccontare; quella in provincia di Varese dove, a prima vista, le dimore sono meno appariscenti e i giardini meno elaborati. Quando però in primavera le fioriture esplodono sotto i timidi raggi del sole e tutto si tinge di colori tenui, ci si sente parte di un quadro rinascimentale dove vale la pena indulgere per una passeggiata, un “volo” e un pranzo da non dimenticare.

Giardini in fiore

Villa Taranto, situata a Verbania, ha forse i giardini più conosciuti. Noti in tutto il mondo per la bellezza e la ricchezza di specie floreali presenti, sono il risultato della laboriosa ideazione del Capitano McEacharn che nel 1931 acquistò la proprietà con la precisa ambizione di creare un giardino da sogno sulle sponde dell’amato Lago Maggiore. Lo stile tipicamente inglese con ispirazioni italiane, è ciò che dà al giardino un aspetto davvero magico. Le sue mille sfumature sono visibili da marzo a novembre e garantiscono un’esperienza sempre nuova. Si parte con i tulipani, presenti con oltre sessanta varietà, si prosegue con l’acquatica Victoria Cruziana che, nonostante sia originaria della foresta pluviale sudamericana, ha trovato qui il suo habitat nel 1956. Meraviglioso è poi il labirinto delle dalie, che fioriscono tra luglio e ottobre.

Santa Caterina del Sasso

Posto sulla sponda orientale del lago Maggiore, è un eremo aggrappato alle rocce a strapiombo sul lago, che si può raggiungere con una passeggiata di circa un’ora o comodamente con l’ascensore. La tradizione data la sua nascita nel XII secolo, quando un tale Alberto Besozzi di Arolo, mercante e usuraio del tempo, durante una tempestosa traversata del lago riuscì a rifugiarsi qui evitando il naufragio. Per la grazia, avrebbe fatto voto a Santa Caterina d’Alessandria di ritirarsi per il resto della sua vita, in preghiera e solitudine, in una grotta nel luogo che lo accolse. C’è chi dice che tal Besozzi nemmeno sia esistito, ma la cappella edificata in onore della Santa e il corpo di Alberto, che fu fatto beato, è ben visibile (anche troppo) all’interno del santuario. Il porticato rinascimentale ad archi che affaccia sul lago e gli affreschi sono incantevoli, così come l’ambiente in cui è immersa la struttura.

Curiosità: l’Eremo di Santa Caterina del Sasso, anche se mai direttamente menzionato, compare nelle riprese del film di Dino Risi “La stanza del vescovo” del 1977 e fu utilizzato nello sceneggiato televisivo “I promessi sposi” del 1989 come convento di Fra Cristoforo, pur non essendoci alcun legame reale con il romanzo manzoniano.

Il Lago Maggiore dall’alto

Per osservare il Lago Maggiore dall’alto, l’unico modo è salire sul Sasso del Ferro (1.100 mt) con la funivia che lo collega a Laveno-Mombello. Da lì si avrà una grandiosa visione sul lago, ma anche sulle Alpi, Prealpi, i laghi lombardi e la pianura padana. In soli 10 minuti i bidoni biposto conducono a un passo dal cielo.

Pausa gourmet a La Tavola di Laveno-Mombello

Spaghetti iodati con neve di rafano

Quando un piatto porta gioia lo si capisce dal sorriso di chi lo cucina. Così è a La Tavola, ristorante 1 stella Michelin condotto da Riccardo Bassetti, situato all’interno dell’hotel di famiglia Il Porticciolo di Laveno-Mombello. Una cucina che trova ispirazione nel territorio, ma che non rinuncia a ispirazioni lontane: la contaminazione permette un’evoluzione di sapori e conoscenze, dice lo chef. Dai grandi della gastronomia francese da cui ha imparato Bassetti ha ereditato una tecnica salda, che gli permette di spaziare e far divertire i commensali. Un menù diverso per ogni stagione, che consiglio di provare sotto forma di degustazione per apprezzarlo al meglio; quello di primavera promette il risveglio dei sensi: il toast di pesce di lago con ostrica cotta e crauti rossi, ad esempio, è saporito ma non invadente. Proprio come gli spaghetti iodati con neve di rafano che, nonostante l’elevata sapidità, sorprendono per la delicatezza. Pregevole, inoltre, è la ricca carta dei vini di cui potrete godere appieno lasciandovi guidare dalla sommelier Elisabetta Ballerini.

Ristorante e hotel (delizioso così vicino al lago) sono aperti tutto l’anno e un pranzo qui merita da solo una gita, ma non dimenticate di prenotare.

Infusione ghiacciata, sfoglia compressa e frutti dimenticati

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