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1937-1947 Arte Liberata: capolavori salvati dalla guerra

Tiziano Vecellio. (Pieve di Cadore, 1488/1490 – Venezia, 1576). Danae 1544 – 1545. Olio su tela. Napoli, Museo e Real Bosco di Capodimonte. Su concessione del Ministero della Cultura / Polo Museale della Campania / ph Luciano Romano

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1937-1947 Arte Liberata: capolavori salvati dalla guerra

di Daniela Di Monaco | Qualcosa da leggere

“Fare la guerra in Italia è come combattere in un maledetto museo d’arte” affermava il generale Clark, comandante delle forze alleate

Una mostra di storie

Le Scuderie del Quirinale aprono le porte al grande pubblico per invitare tutti a vivere una Storia assai più che una Mostra, anzi una Mostra di Storie. Storie vere che hanno avuto luogo in Italia durante la Seconda Guerra Mondiale con l’intento di salvare il nostro patrimonio artistico e culturale. Questa non è solamente una preziosa esibizione di dipinti e di statue “liberati” ma è anche il racconto avvincente ed emozionante del loro salvataggio e liberazione a opera di donne e di uomini i quali, in quei drammatici anni, anteposero un profondo senso dello Stato e del dovere alla loro stessa vita. Coraggiosi e lungimiranti Soprintendenti e funzionari della Amministrazione delle Belle Arti, storici dell’arte, rappresentanti del Vaticano, diventarono protagonisti e interpreti di una grande impresa di salvaguardia del nostro patrimonio artistico e culturale. Si schierarono tutti in prima linea, senza armi e con mezzi economici assai limitati per combattere la minaccia che incombeva sulle opere d’arte e ben consapevoli del valore identitario e comunitario dell’arte.

Federico Barocci. (Urbino, 1528/1535 – Urbino, 1612). Immacolata Concezione 1575 ca. Olio su tela. Urbino, Galleria Nazionale delle Marche. © MiC – Galleria Nazionale delle Marche

La resistenza dell’arte

La Mostra o Resistenza dell’Arte, è stata definita un grandioso romanzo nazionalpopolare, un nobilissimo capitolo della nostra storia, un racconto corale attraverso il quale si rende un dovuto riconoscimene culturale e civile alle vite di questi eroi ed eroine silenziosi e poco appariscenti che trovarono la forza, le idee, le intuizioni e i mezzi per affrontare una grande avventura. Antieroi, insomma, intellettuali e studiosi che, con drammatica concretezza, seppero trasformarsi in operai, facchini e trasportatori catalogando e imballando con perizia le opere e utilizzando ogni mezzo di trasporto: treni, camion, una utilitaria come una Topolino e perfino una bicicletta per creare una fitta rete di collegamenti, incontri e rifugi dove mettere in salvo l’Arte e la Cultura del nostro Paese. Si trattava di proteggere le opere d’arte, sparse come un Museo diffuso in tutta Italia, dai bombardamenti e dalle manovre belliche innanzi tutto, dalle truppe di occupazione poi, ma soprattutto dalla avida ingordigia dei nazisti, in prima persona Hitler e il maresciallo Goring che ricorrendo a qualsiasi illegalità puntavano ad accaparrare ed accumulare esemplari di arte italiana per ornare le case private in Germania e per riempire un Museo che Hitler voleva far costruire a Linz sua città natale.

Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento, 1591 – Bologna, 1666). Santa Palazia 1658. Olio su tela. Ancona, Pinacoteca civica "F. Podesti". Collezione Civica – Pinacoteca Comunale “F. Podesti”, Ancona

Le esportazioni forzate

Un patrimonio messo a rischio già prima della Guerra dalle esportazioni forzate verso il Terzo Reich. Oggi possiamo dire che questa battaglia impari è stata vinta comunque non dalle armi ma dall’amore della cultura. Il progetto della mostra si accompagna a tre filoni narrativi: Le esportazioni forzate e il mercato dell’arte, Spostamenti e ricoveri e La fine del conflitto e le restituzioni.

Già dal 1936 – stipula dell’asse Roma-Berlino – il mercato dell’arte in Italia viene stravolto per assecondare le brame collezionistiche di Hitler e Goring. I gerarchi fascisti concessero permessi e autorizzarono cessioni di importanti opere d’arte come il Discobolo Lancellotti – copia romana del bronzo di Mirone e già sotto vincolo dal 1909 – che forse sarebbe rimasto in Germania insieme con altre grandi opere quali la Tempesta di Giorgione, la Danae di Tiziano, Santa Palatia del Guercino, la Crocifissione di Luca Signorelli, la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca, il Cristo morto di Mantegna e molte altre ancora, se non fosse stato per i protagonisti dei moltissimi avventurosi salvataggi. E’ proprio sul Discobolo, preziosa testimonianza e presenza eccezionale che accoglie i visitatori all’ingresso della Mostra, che si appuntano le brame di Hitler che lo aveva visto nel 1938 durante un viaggio di Stato in Italia.

Discobolo Lancellotti II sec. d.C. Marmo. Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme. Su concessione del Ministero della Cultura – Museo Nazionale Romano / Palazzo Massimo alle Terme
Discobolo Lancellotti II sec. d.C. Marmo. Roma, Museo Nazionale Romano, Palazzo Massimo alle Terme. Su concessione del Ministero della Cultura – Museo Nazionale Romano / Palazzo Massimo alle Terme

Le anime del fascismo

In quegli anni esistono due anime nel governo fascista. Quella di Giuseppe Bottai, Ministro della Educazione Nazionale, intellettuale amante dell’arte e conscio del suo valore per l’identità nazionale italiana, che vara una legge nell’estate del 1940 (tuttora esistente nel nostro ordinamento) a tutela del nostro patrimonio e che ne prevenga devastazioni, offese e razzie. Bottai, in vista di possibili bombardamenti, organizzò piani di protezione per i monumenti all’aperto e strategie di trasferimento per i tesori custoditi in chiese e musei, preoccupato dell’immenso patrimonio artistico del Paese che considerava “alla stessa stregua delle famiglie, delle case, della terra”. L’altra anima del fascismo è rappresentata da Ciano, genero del duce, e dal principe tedesco Filippo d’Assia, marito di Mafalda di Savoia, messo da Hitler alla guida della commissione che deve acquistare opere d’arte. Questa alleanza avrà la meglio con ambigue mediazioni su leggi e restrizioni mentre costringono il principe Lancellotti, per cinque milioni di lire, a una forzata vendita del Discobolo – visto nella estetica nazista come ideale ariano di bellezza maschile – che viene trasferito nella Glipsoteca di Monaco di Baviera quale dono di Hitler, frutto di una razzia, al popolo tedesco.

Hans Holbein il Giovane (Augusta, 1497 ? – Londra, 1543). Ritratto di Enrico VIII 1540. Olio su tavola. Roma, Gallerie Nazionali d'Arte Antica Mondadori Portfolio / Electa / ph Giuseppe Schiavinotto

Ambigue perdite

E che dire dello scambio vergognoso tra Goring e l’antiquario fiorentino Eugenio Ventura quando nel 1943 il gerarca nazista gli cede i dipinti di Cezanne, Manet, Renoir, Van Gogh e altri impressionisti rubati nella Francia occupata in cambio di sedici opere italiane, tra le quali due cassoni dello Scheggia (uno dei quali è in Mostra). Tutto verrà recuperato e restituito al termine della guerra.

Il cerbiatto di Ercolano e la Danae

Tra le centoquaranta riproduzioni fotografiche ce n’è una che colpisce più di altre. Hitler e Goring sono ritratti in un giardino parte della tenuta privata di Goring, Carinhall nel Brandeburgo. Davanti ai due uomini, mero ornamento da giardino, troneggia una preda archeologica preziosa: il Cerbiatto di Ercolano, rubato dal Museo Archeologico di Napoli. Arroganza e prepotenza, saccheggio e ruberia. Una delle ultime scene di questo cupo “Gotterdammerung” ha luogo nell’aprile 1945, ultimi momenti di vita del nazismo mentre l’Armata Rossa entra a Berlino, quando Goring fa saltare in aria la sua tenuta Carinhall, ma in questo “cupio dissolvi” – per nostra fortuna – ordina di porre in salvo le opere d’arte razziate che ornavano le pareti della villa, tra queste la squisita Danae di Tiziano appesa nella camera da letto privata del gerarca e che, non a caso chiude la mostra simbolo di bellezza e di serenità.

Lorenzo Lotto (Venezia, 1480 – Loreto, 1556 ?) Annunciazione (lunetta) 1534 ca. Olio su tela. Jesi, Musei Civici di Palazzo Pianetti © Musei Civici di Palazzo Pianetti, Jesi
Lorenzo Lotto (Venezia, 1480 – Loreto, 1556 ?) Annunciazione (lunetta) 1534 ca. Olio su tela. Jesi, Musei Civici di Palazzo Pianetti © Musei Civici di Palazzo Pianetti, Jesi

Eroi e anti-eroi

Potrebbe sembrare un film, ma non lo è: ci sono le tragedie di due dittature in Europa, la catastrofe della Seconda Guerra Mondiale, i bombardamenti, le morti, la devastazione. In questo scenario si muovono personaggi come Giulio Carlo Argan funzionario della Direzione Generale Antichità e Belle Arti, stimato consigliere di Bottai e futuro Sindaco di Roma nel 1976 che ricopre un ruolo assai importante. Argan nel 1943 si incontra con Monsignor Montini, Sostituto della Segreteria di Stato in Vaticano e futuro Pontefice nel 1963 con il nome di Paolo VI. Tra i due nasce un rapporto di reciproca stima e collaborazione che, con l’accordo di Bartolomeo Nogara Direttore dei Musei Vaticani, permette di ricoverare in Vaticano tra il 1943 e il 1944 circa 900 casse giunte da Roma e da tutta Italia. Traslochi oggi davvero impensabili. Fra i progetti di ricovero approntati, il principale – in termini di numero e importanza delle opere conservate – fu certamente quello portato avanti da Pasquale Rotondi. Allievo di Adolfo Venturi e Pietro Toesca, Soprintendente alle Gallerie delle Marche controllò e salvò circa diecimila opere d’arte. Uomo colto, studioso e pragmatico, come lo definisce la figlia Giovanna anch’essa storica dell’arte, rappresenta un caso esemplare nella formazione di una identità professionale degli storici dell’arte italiani. Su suggerimento di Argan, il Ministro Bottai lo incarica nell’ottobre del 1939 di individuare, trasportare e custodire un cospicuo numero di opere nel Palazzo Ducale di Urbino, ritenuto sicuro per la sua posizione decentrata. Ma giunto alla stazione di Urbino, Rotondi è insospettito dal numero dei militari e si rende immediatamente conto che in un tunnel scavato nelle viscere della collina su cui sorge il borgo è nascosto un arsenale dell’aeronautica e che la città è pertanto un potenziale bersaglio militare. Il Soprintendente individua quindi un luogo di ricovero alternativo nella rocca di Sassocorvaro e a Carpegna e nel giugno del 1940 insieme con quattro custodi, un manipolo di operai e qualche camioncino vi deposita le opere di Palazzo Ducale, di chiese e di musei civici marchigiani. Il lavoro è immenso e il pericolo anche. E infatti vive una drammatica avventura nel 1943 quando le truppe tedesche a Carpegna chiedono di verificare e aprire alcune casse. Rotondi, che aveva tolto tutti i cartellini identificativi, ne apre solo una che contiene lettere e spartiti di Gioacchino Rossini. Per i tedeschi sono solo cartacce senza valore! e se ne vanno senza danni e tutte le altre opere sono salve. Era spesso necessario spostare le opere più volte da un luogo all’altro – da Montecassino a Spoleto – mentre il fronte di guerra si muoveva attraverso l’Italia. A volte fu questione di ore e di giorni prima che Musei, edifici e rifugi venissero bombardati e l’ingegno, l’intuito e la rapidità di azione di queste donne e uomini fu essenziale per il salvataggio di dipinti e statue. Rotondi, come quasi tutti i colleghi, in quegli anni teneva un diario e vi si legge con evidente commozione condivisa con la moglie Zea Bernardini anch’essa storica dell’arte, di quando nascose nella loro camera da letto il “San Giorgio” di Mantegna e “La Tempesta” di Giorgione… Rotondi potrà tirare finalmente un respiro di sollievo solo nel 1944 quando le opere raggiungono Roma e il Vaticano. Molti sono i colleghi di Rotondi, Soprintendenti e storici dell’arte, tutti personaggi indimenticabili che hanno vissuto e operato in quegli anni in tutta Italia per mettere al sicuro il nostro patrimonio di arte e cultura.

Piero della Francesca (Borgo Sansepolcro, 1412 circa –1492). Madonna col Bambino e angeli detta Madonna di Senigallia 1474 circa olio e tempera su tavola Urbino, Galleria Nazionale delle Marche © MiC – Galleria Nazionale delle Marche – Ph. Claudio Ripalti

Le restituzioni e i monuments men

La Mostra si chiude con il capitolo delle restituzioni dove ebbero un ruolo fondamentale i cosiddetti “Monuments Men” forze speciali appartenenti al MFAA, Monuments, Fine Arts, and Archives Program e il Nucleo Arma dei Carabinieri, che aiutarono a recuperare e restituire cinque milioni di opere d’arte trafugate dai nazisti in tutta Europa.

Rodolfo Siviero
In questa fase si incontra anche la complessa figura di Rodolfo Siviero, capo dell’ufficio interministeriale per il recupero delle opere d’arte e Ministro Plenipotenziario, uomo spregiudicato, forse agente segreto, con molte ombre sulla sua biografia e personalità. Nell’aprile del 1946 è nominato capo dell’Ufficio interministeriale per il recupero delle opere d’arte ed è inviato a dirigere la missione diplomatica italiana presso il Governo Militare Alleato in Germania. L’anno successivo ottiene la restituzione dei beni artistici trafugati dopo l’8 settembre 1943, fra cui i capolavori dei musei napoletani, e nel 1948 la restituzione delle opere acquistate dai gerarchi nazisti e illegalmente esportate in Germania, fra cui il Discobolo. Marco Scansano, nel suo saggio, gli riconosce il merito di aver saputo recuperare una notevole parte del patrimonio artistico italiano, proprio grazie alla sua intransigenza ed arroganza.

Francesco Hayez. Ritratto di Alessandro Manzoni. Portrait of Alessandro Manzoni 1841. Olio su tela. Milano, Pinacoteca di Brera. © MiC – Pinacoteca di Brera, Milano
Francesco Hayez. Ritratto di Alessandro Manzoni. Portrait of Alessandro Manzoni 1841. Olio su tela. Milano, Pinacoteca di Brera. © MiC – Pinacoteca di Brera, Milano

Senso del dovere e dello stato

Tutti costoro ebbero una concezione umanistica della professione prescelta tesa a trasmettere il valore etico del patrimonio culturale. Come disse lo storico dell’arte Adolfo Venturi che auspicava che, tramite la catalogazione sistematica del patrimonio, la riorganizzazione dei musei e l’istituzione di cattedre accademiche, lo storico dell’arte “sapesse trasformare l’erudizione e la conoscenza delle opere d’arte in elementi certi di coscienza civile necessari al nutrimento dell’identità nazionale”, e che “La storia dell’arte non [sia] un esercizio per anime belle, ma [implichi] un’assunzione di responsabilità

Luca Signorelli (Cortona, 1441? – Cortona, 1523). Crocifissione di Cristo con Santa Maria Maddalena ed episodi della vita di Cristo Santo. 1500 - 1505 ca. Olio su tela. Firenze, Gallerie degli Uffizi © Archivio Scala Group, Antella / © 2022. Foto Scala, Firenze - su concessione Ministero della Cultura Artwork Location: Galleria degli Uffizi, Firenze, Italia
Luca Signorelli (Cortona, 1441? – Cortona, 1523). Crocifissione di Cristo con Santa Maria Maddalena ed episodi della vita di Cristo Santo. 1500 - 1505 ca. Olio su tela. Firenze, Gallerie degli Uffizi © Archivio Scala Group, Antella / © 2022. Foto Scala, Firenze - su concessione Ministero della Cultura Artwork Location: Galleria degli Uffizi, Firenze, Italia

L’alluvione di Firenze

Altro drammatico e fortemente simbolico episodio fu l’alluvione di Firenze nel 1966 quando molte centinaia di italiani e stranieri si precipitarono a salvare le opere d’arte e i libri della città. Qui la storia di Pasquale Rotondi e quelle dei suoi colleghi si saldarono con le nuove generazioni di italiani. Questa mostra unica e suggestiva “… cuce insieme le molte storie dei singoli e trasforma la loro singolarità in una grande epopea collettiva di passione e di impegno…” (Raffaella Morselli curatrice della Mostra). Come ebbe a dire Winston Churchill in tutt’altra occasione, “mai così tanti dovettero così tanto a così pochi “

Giovanni Battista Piazzetta. (Venezia, 1683 – 1754). L'Indovina. 1740 - 1745 Olio su tela. Venezia, Gallerie dell'Accademia © Archivio Scala Group, Antella / © 2022.Foto Scala, Firenze

Info

Dove: Roma, Scuderie del Quirinale
Quando: fino al 10 Aprile 2023
Orari: 10-20 (ultimo ingresso ore 19)
Biglietti: 15 € (ridotti 13, 10, 2 €)
Sono parte della Mostra centoquaranta riproduzioni fotografiche, oltre trenta documenti storici e più di una ventina di estratti da filmati d’epoca.

I molti ringraziamenti per una mostra come questa vanno ai curatori Raffaella Morselli e Luigi Gallo, a tutto lo staff delle Scuderie del Quirinale guidato da Matteo Lafranconi, a ben quaranta Musei e Istituti, al Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, alla Monuments Men and Women Foundation, ai membri del Comitato d’Onore che per primi proposero l’idea della mostra.

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