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Il tatuaggio polinesiano: un simbolo che racconta la storia di un popolo antico e affascinante

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Il tatuaggio polinesiano: un simbolo che racconta la storia di un popolo antico e affascinante

01-23

di Francesca Spanò | @francynefertiti

Una moda, un’arte, la vita di un popolo raccontata attraverso un simbolo indelebile sulla pelle.  La storia del tatuaggio polinesiano si perde nella notte dei tempi e la sua tradizione leggendaria è una forma di contatto con le radici degli antenati. Nella cultura locale, insomma, sono stati a lungo considerati emblema di bellezza, ma non solo. In moltissimi casi, in ogni angolo dell’epidermide marcato con dell’inchiostro sono raccontate le fasi principali dell’esistenza di una persona.

Tattoo: le origini di un nome

Il termine ha già una storia da raccontare. Deriva dal tahitiano “tatau” e rappresenta il gesto di “picchiettare” sulla pelle incidendo dei segni che non andranno mai via. Come sia nata l’idea di un simile ornamento definitivo sul corpo, non è chiaro e, ovviamente, i miti e le leggende in merito si sprecano. Di sicuro, intorno al tatuaggio c’è un’aura di sacralità e in molti pensano che abbia poteri soprannaturali. Ecco perché i disegni spesso si ripetono o sono simili fra loro. Secondo il credo polinesiano, fondamentale è non perdere il proprio Mana, cioè l’essenza divina responsabile di salute, equilibrio e fertilità.

Un segno che non si cancella

Essendo difficili da cancellare, simboleggiano l’andare oltre la vita terrena e da sempre i tatuaggi accompagnano la persona verso l’aldilà. Chi organizza un viaggio nelle Isole di Tahiti, dunque, spesso torna con un souvenir di questo tipo, anche se il posto dove vengono realizzati disegni geometrici più ricchi e complessi, restano le isole Marchesi. In questo luogo, sono previste pure le decorazioni del viso.

Uno status sociale

Nei tempi ha indicato la tribù o la famiglia di appartenenza, il livello della persona all’interno della scala sociale o l’indicazione della provenienza geografica. Per ogni categoria sociale esistevano delle riproduzioni differenti, da quella dei capi a quella dei guerrieri. Ancora, si disegnavano momenti di vita, riconoscimenti o semplici decorazioni per il corpo. Nel tempo, quest’abitudine si è tanto consolidata, da essere quasi inaccettabile non aver alcun tatuaggio.

Le tecniche

Nell’antichità si sceglieva una sorta di bisturi artigianale, formato da un manico di legno con una punta che era il becco o l’artiglio di un uccello o un dente di pescecane. Le tinte erano sul nero, verde o marrone e si ottenevano dal carbone diluito in acqua o olio. La tenuta, invece era garantita da zucchero di canna o succo di noce di cocco. La pratica però era dolorosa e per essere completata poteva richiedere anche anni. Oggi le tecniche sono cambiate ma la tradizione persiste.

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